TESTAMENTO DI SANTA CHIARA : Nel nome del Signore. Amen.   

Fra gli altri benefici, che dal nostro largitore Padre delle misericordie abbiamo ricevuto e ogni giorno riceviamo e per cui dobbiamo maggiormente ringraziare il glorioso Padre del Cristo, c'è la nostra vocazione, la quale quanto più perfetta e grande, tanto più gli dobbiamo. Donde l'Apostolo: Riconosci la tua vocazione. Il Figlio di Dio si è fatto per noi via, che con la parola e l'esempio ci ha mostrato e insegnato il nostro beatissimo Padre Francesco, vero suo amatore e imitatore.

Dobbiamo dunque considerare, sorelle dilette, gl'immensi benefici di Dio in noi accumulati, ma tra gli altri, quelli che per mezzo del suo servo diletto, il padre nostro beato Francesco, Dio si è degnato di operare in noi, non solo dopo la nostra conversione, ma anche mentre eravamo nella misera vanità del mondo. Infatti, quando lo stesso santo non aveva ancora né fratelli né compagni, quasi subito dopo la sua conversione, mentre edificava la chiesa di San Damiano, dove totalmente visitato dalla consolazione divina, fu spinto ad abbandonare del tutto il mondo, per grande letizia e illuminazione dello Spirito Santo profetò riguardo a noi, ciò che poi il Signore adempì.

Salendo infatti in quel tempo sopra il muro di detta chiesa, ad alcuni poveri, che sostavano là vicino, ad alta voce diceva in lingua francese: Venite e aiutatemi nell'opera del monastero di San Damiano, perché vi saranno ivi delle donne, con la vita famosa e la santa conversazione delle quali il nostro Padre celeste sarà glorificato in tutta la sua Chiesa.

In ciò dunque possiamo considerare la copiosa benignità di Dio in noi, che per la sua abbondante misericordia e carità si è degnato di dire queste cose per mezzo del suo santo, riguardo alla nostra vocazione ed elezione. E non soltanto riguardo a noi il nostro beatissimo padre Francesco profetò queste cose, ma anche riguardo alle altre, che sarebbero venute nella vocazione santa, nella quale il Signore ci ha chiamate.

Con quanta sollecitudine, dunque, con quando zelo di mente e di corpo dobbiamo osservare i comandamenti di Dio e del nostro Padre, per poter restituire, con l'aiuto di Dio, moltiplicato il talento! Il Signore stesso, infatti, ci ha poste come forma in esempio e specchio non solo per gli altri, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore chiamerà, affinché anch'esse siano di specchio e d'esempio a coloro che vivono nel mondo. Poiché dunque il Signore ci ha chiamate a cose tanto grandi, cosicché coloro che sono date come specchio ed esempio agli altri, possano rispecchiarsi in noi, siamo molto tenute a benedire e a lodare Dio e a corroborarci ancor di più per fare il bene nel Signore. Perciò, se vivremo secondo la forma predetta, lasceremo agli altri un nobile esempio e acquisteremo il premio della beatitudine eterna con una fatica brevissima.

Dopo che l'altissimo Padre celeste si fu degnato, per sua misericordia e per sua grazia, d'illuminare il mio cuore, perché secondo l'esempio e la dottrina del beatissimo padre nostro Francesco facessi penitenza, poco dopo la sua conversione, insieme con poche sorelle che il Signore mi aveva dato poco dopo la conversione mia, promisi a lui volontariamente obbedienza, come il Signore ci aveva conferito il lume della sua grazia per mezzo della sua vita mirabile e della sua mirabile dottrina. Il beato Francesco poi, considerando che, pur essendo fragili e deboli secondo il corpo, tuttavia non ricusavamo nessuna necessità, nessuna povertà, nessuna fatica, nessuna tribolazione o deprezzamento e disprezzo del mondo, ché anzi li consideravamo come grandi delizie, come frequentemente egli ci aveva esaminate secondo gli esempi dei santi e dei suoi frati, si rallegrò molto nel Signore; e mosso a pietà verso di noi, si obbligò con noi di avere da se stesso e per mezzo della sua religione, cura diligente e sollecitudine speciale per noi come per i suoi frati.

E così, per volontà di Dio e del nostro beatissimo padre Francesco, andammo alla chiesa di San Damiano per dimorarvi, dove il Signore in breve tempo, per sua misericordia e grazia ci moltiplicò, perché si adempisse ciò che il Signore aveva predetto per mezzo del suo santo. Infatti, prima, ci eravamo trattenute in altro luogo, benché per poco.

Poi scrisse per noi una forma di vita e massimamente perché perseverassimo sempre nella santa povertà. Né si accontentò, durante la sua vita, di esortarci con molti sermoni ed esempi all'amore della santissima povertà e alla sua osservanza, ma ci trasmise molti scritti, affinché dopo la sua morte non ci scostassimo per nulla da essa, come il Figlio di Dio, mentre visse nel mondo, non volle mai allontanarsi dalla medesima santa povertà. E il beatissimo padre nostro Francesco, avendo imitato le sue vestigia, la sua santa povertà, che scelse per sé e per i suoi frati, finché visse, non si scostò affatto da essa, con il suo esempio e la sua dottrina.

Io, dunque, Chiara, ancella, benché indegna, del Cristo e delle sorelle povere del monastero di San Damiano, e pianticella del santo padre, considerando con le mie altre sorelle la nostra così alta professione e il comando di un tale padre, e anche la fragilità delle altre, che noi temevamo in noi stesse dopo il trapasso del nostro santo padre Francesco, che era la nostra colonna, la nostra unica consolazione dopo Dio e il nostro appoggio, ancora e ancora ci siamo volontariamente obbligate alla nostra santissima madonna povertà, cosicché dopo la mia morte le sorelle, che sono e che verranno, non possano in alcun modo scostarsi da essa.

E come io fui sempre zelante e sollecita nell'osservare e nel fare osservare dalle altre la santa povertà che abbiamo promesso al Signore e al nostro padre il beato Francesco, così quelle che mi succederanno nell'ufficio siano tenute sino alla fine a osservare con l'aiuto di Dio e a far osservare la santa povertà. Anzi, per maggiore precauzione, fui sollecita a far corroborare la nostra professione della santissima povertà, che abbiamo promessa al Signore e al nostro beatissimo padre, con dei privilegi del signor papa Innocenzo, al tempo del quale noi cominciammo, e dei suoi successori, affinché in nessun momento ci scostiamo in alcun modo da essa.

Perciò, piegate le ginocchia e inclinato l'uno e l'altro uomo, raccomando tutte le mie sorelle che sono e che verranno, alla santa madre Chiesa Romana, al sommo pontefice e in particolare al signor cardinale che è stato deputato alla religione dei Frati Minori e a noi,

affinché per amore di quel Dio,che povero fu posato nel presepe,povero visse nel mondo e nudo rimase sul patibolo,

faccia che sempre il suo piccolo gregge, che il Signor Padre ha generato nella sua santa Chiesa per mezzo della parola e dell'esempio del nostro beatissimo padre san Francesco per seguire la povertà e l'umiltà del suo Figlio diletto e della gloriosa Vergine, sua madre. osservi la santa povertà che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre san Francesco, e che si degni sempre di incoraggiarle e conservarle.

E come il Signore ci diede il nostro beatissimo padre Francesco come fondatore, piantatore e nostro aiuto nel servizio del Cristo e in ciò che abbiamo promesso al Signore e al nostro beato padre, il quale pure, mentre visse, fu sollecito con la parola e l'opera a coltivare accuratamente e favorire sempre noi, pianticella sua, così io raccomando e lascio le mie sorelle, che sono e che verranno, al successore del beatissimo padre nostro Francesco e a tutta la religione, affinché ci siano sempre di aiuto nel progredire in meglio per servire Dio e soprattutto per osservare meglio la santissima povertà.

Se poi accadesse che in qualche tempo le dette sorelle lasciassero il detto luogo e si trasferissero in un altro siano tenute, dopo la mia morte, dovunque siano, a osservare la predetta forma di povertà, che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre Francesco.

Tuttavia, colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, come pure le altre, sia sollecita e previdente, affinché riguardo al luogo suddetto, non acquistino o non ricevano di terra, se non tanto quanto lo esige l'estrema necessità per un orto da coltivare a ortaggi. E se da qualche parte per l'onestà e il ritiro del monastero, occorresse aver più terra fuori della cinta dell'orto, non permettano che sia acquistata e nemmeno che ne ricevano di più di quanto non lo esiga l'estrema necessità. E quella terra non venga affatto lavorata, né seminata, ma rimanga sempre come sodaglia incolta.

Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle, che sono e che verranno, perché attendano con ardore a imitare la via della santa semplicità, umiltà, povertà e anche l'onestà della santa conversazione, come fin dall'inizio della nostra conversione siamo state ammaestrate accuratamente dal Cristo e dal nostro beatissimo padre il beato Francesco. Dalle quali sparse l'odore della buona fama, tanto a quelli che sono lontani quanto a quelli che sono vicini, lo stesso Padre delle misericordie non per i nostri meriti, ma per la sola misericordia e grazia di largitore. E amandovi le une le altre della carità del Cristo, dimostrate fuori per mezzo delle opere, l'amore che avete dentro, cosicché, provocate da tale esempio, le sorelle crescano sempre nell'amore di Dio e nella mutua carità.

Prego anche colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, perché attenda con ardore a precedere le altre piuttosto nelle virtù e nei santi costumi che nell'ufficio, in tal maniera che le sue sorelle, provocate dal suo esempio, non obbediscano tanto per l'ufficio quanto per amore. Sia anche previdente e discreta riguardo alle sue sorelle, come una buona madre verso le sue figlie, e specialmente si adoperi con zelo a provvedere loro secondo la necessità di ciascuna, con le elemosine che il Signore darà. Sia anche tanto benigna e affabile, che possano manifestare le loro necessità con sicurezza e ricorrere a lei in ogni ora con confidenza, come sembrerà loro espendiente, tanto per sé che per le loro sorelle.

Le sorelle poi che sono suddite si ricordino di avere rinnegato, per Dio, le proprie volontà. Perciò voglio che obbediscano alla loro madre, di loro spontanea volontà, come hanno promesso al Signore, cosicché la loro madre, vedendo la carità, l'umiltà, e l'unità che hanno reciprocamente, porti più lievemente l'onere che per causa dell'ufficio sopporta, e per la loro santa conversazione, ciò che è molesto e amaro le si muti in dolcezza.

E perché stretti sono la via e il sentiero, e angusta la porta per la quale si va e si entra nella vita, pochi sono anche coloro che camminano e entrano per essa. E se ci sono alcuni che per qualche tempo vi camminano, pochissimi sono quelli che in essa perseverano. Ma sono beati coloro ai quali è dato di camminare per essa e perseverare fino alla fine.

Badiamo dunque che, se siamo entrate nella via del Signore, che per colpa nostra e ignoranza, non abbiamo da scostarcene in nessuna maniera in nessun tempo, affinché non abbiamo da recare ingiuria a tanto Signore e alla sua Vergine madre e al padre nostro beato Francesco, alla Chiesa trionfante e anche militante. E' scritto infatti: Maledetti coloro che si scostano dai tuoi comandamenti.

Perciò piego le mie ginocchia al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, affinché, con l'appoggio dei meriti della gloriosa Vergine santa Maria madre sua e del nostro beatissimo padre Francesco e di tutti i santi, il Signore stesso, che ha dato un buon principio, dia la crescita e dia anche la perseveranza finale.

Amen.


Questo scritto, perché meglio debba essere osservato, lo lascio a voi, carissime e dilette sorelle mie, presenti e venture, in segno della benedizione del Signore e del beatissimo padre nostro Francesco e della benedizione mia, vostra madre e ancella.

torna su

Clarisse Assisi

Prima Lettera alla Beata Agnese di Praga (Prima dell'11 giugno 1234)

 

(1) Alla venerabile e santissima vergine, donna Agnese, figlia dell'eccellentissimo e illustrissimo re di Boemia, (2) Chiara, serva indegna di Gesù Cristo e inutile ancella delle donne incluse del monastero di San Damiano, sua suddita in tutto e ancella , ogni raccomandazione di sé, con riverenza speciale, per ottenere la gloria dell'eterna felicità.

(3) Udendo l'onestissima fama della vostra santa conversazione e della vostra santa vita, che non solo fino a me è giunta, ma è stata splendidamente divulgata in quasi tutta la terra, godo molto nel Signore ed esulto; (4) di questo, non solo io personalmente, posso esultare, ma tutti coloro che fanno e desiderano di fare il servizio di Gesù Cristo.

(5) Di qui viene che, mentre avreste potuto godere, più degli altri, delle pompe, degli onori e della dignità del secolo, potendo con gloria eccellente sposare legittimamente l'illustre imperatore, come sarebbe stato conveniente alla vostre e alla sua eccellenza, (6) rigettando tutto ciò, avete scelto, con tutta l'anima e con tutto lo slancio del cuore, piuttosto la santissima povertà e la penuria del corpo, (7) prendendo uno sposo di più nobile origine, il Signore Gesù Cristo, che custodirà la vostra verginità sempre immacolata e intatta.

(8) Amandolo, siete casta, toccandolo, diventerete più monda, accogliendolo in voi, siete vergine; (9) la sua potenza è più forte, la generosità più elevata, il suo aspetto più bello, l'amore più soave e ogni grazia più fine.
(10) Già siete stretta dagli amplessi di lui, che il vostro petto ha ornato di pietre preziose e alle vostre orecchie ha messo perle inestimabili, (11) e vi ha tutta avvolta di primaverili e corrusche gemme e vi ha incoronata con una corona d'oro espressa con il segno della santità.
(12) Quindi, sorella carissima, o piuttosto signora straordinariamente degna di ogni venerazione, perché siete sposa e madre e sorella del mio Signore Gesù Cristo, (13) splendidissimamente insignita del vessillo dell'inviolabile verginità e della santissima povertà, siate corroborata nel santo servizio, incominciato con ardente desiderio, del povero Crocifisso, (14) che per noi tutti sopportò la passione della croce, strappandoci al potere del principe delle tenebre, nel quale per la trasgressione del primo parente eravamo tenuti legati, e riconciliandoci con Dio Padre Onnipotente.

(15) O beata povertà, a quelle che l'amano e l'abbracciano le ricchezze eterne!
(16) O santa povertà, a loro che l'hanno e la desiderano  è promesso da Dio il regno dei cieli e l'eterna gloria e la vita beata senza alcun dubbio è concessa!
(17) O pia povertà, che il Signore Gesù Cristo, il quale reggeva e regge il cielo e la terra, e disse anche e le cose furono fatte, si è degnato al di sopra di tutto abbracciare!
(18) Le volpi infatti hanno tane, ha detto, e gli uccelli del cielo nidi, ma il Figlio dell'uomo, cioè Cristo, non ha dove posare il capo, ma piegato il capo rese lo spirito.

(19) Se dunque un tanto e tale Signore venendo in un utero verginale, volle apparire nel mondo disprezzato, indigente e povero, (20) affinché gli uomini, che erano poverissimi e indigenti, soffrendo l'estrema indigenza di nutrimento celeste, in lui diventassero ricchi possedendo i regni celesti, (21) esultate molto e rallegratevi, ripiena d'immensa gioia e di letizia spirituale, (22) poiché, essendovi piaciuto di più il disprezzo del mondo che gli onori, la povertà più che le ricchezze temporali e nascondere tesori piuttosto in cielo che in terra, (23) là dove né la ruggine li consuma né la tignola li distrugge e i ladri né saccheggiano né rubano, la vostra ricompensa è copiosissima nei cieli, (24) e quasi degnamente avete meritato di essere chiamata sorella, sposa e madre del Figlio del Padre Altissimo e della gloriosa Vergine.

(25) Credo infatti fermamente che abbiate appreso che il regno dei cieli non è promesso e donato dal Signore che ai poveri, perché, quando si ama una cosa temporale, si perde il frutto della carità; (26) ché non si può servire a Dio e a mammona, perché o si ama l'uno o si odia l'altro e o si serve l'uno e si disprezza l'altro; (27) e uno vestito non può lottare con uno nudo, perché chi ha donde essere tenuto cade a terra più presto; (28) e rimanere glorioso nel secolo e regnarvi con Cristo, giacché un cammello potrà passare per la cruna di un ago, prima che un ricco ascenda ai regni celesti. (29) Perciò gettaste le vesti, cioè le ricchezze temporali, per essere in grado assolutamente di non soccombere di fronte al lottatore, per poter entrare per la via stretta e la porta angusta nei regni celesti.

(30) Quale grande e lodevole scambio: abbandonare le cose temporali per le eterne, meritare i beni celesti per i terrestri, ricevere il centuplo per uno e possedere la vita beata.

(31) Perciò ho pensato che bisognava supplicare la eccellenza e la santità vostra con umili preghiere, nelle viscere di Cristo, per quanto posso, in modo tale che vi lasciate fortificare nel suo santo servizio, (32) crescendo di bene in meglio, di virtù in virtù, affinché colui che servite con tutto il desiderio del vostro spirito, si degni di elargire i premi desiderati.

(33) Vi scongiuro anche nel Signore, come posso, di volere, nelle vostre sante preghiere, raccomandare me, vostra serva, anche se inutile, e le altre sorelle a voi devote, dimoranti con me in monastero. Con l'aiuto di esse e (preghiere), possiamo meritare la misericordia di Gesù Cristo, affinché meritiamo di godere insieme con voi l'eterna visione.

(34) State bene nel Signore e pregate per me.

 

torna su

Clarisse Assisi

 

TESTAMENTO DI SANTA CHIARA : Nel nome del Signore. Amen.   

Fra gli altri benefici, che dal nostro largitore Padre delle misericordie abbiamo ricevuto e ogni giorno riceviamo e per cui dobbiamo maggiormente ringraziare il glorioso Padre del Cristo, c'è la nostra vocazione, la quale quanto più perfetta e grande, tanto più gli dobbiamo. Donde l'Apostolo: Riconosci la tua vocazione. Il Figlio di Dio si è fatto per noi via, che con la parola e l'esempio ci ha mostrato e insegnato il nostro beatissimo Padre Francesco, vero suo amatore e imitatore.

Dobbiamo dunque considerare, sorelle dilette, gl'immensi benefici di Dio in noi accumulati, ma tra gli altri, quelli che per mezzo del suo servo diletto, il padre nostro beato Francesco, Dio si è degnato di operare in noi, non solo dopo la nostra conversione, ma anche mentre eravamo nella misera vanità del mondo. Infatti, quando lo stesso santo non aveva ancora né fratelli né compagni, quasi subito dopo la sua conversione, mentre edificava la chiesa di San Damiano, dove totalmente visitato dalla consolazione divina, fu spinto ad abbandonare del tutto il mondo, per grande letizia e illuminazione dello Spirito Santo profetò riguardo a noi, ciò che poi il Signore adempì.

Salendo infatti in quel tempo sopra il muro di detta chiesa, ad alcuni poveri, che sostavano là vicino, ad alta voce diceva in lingua francese: Venite e aiutatemi nell'opera del monastero di San Damiano, perché vi saranno ivi delle donne, con la vita famosa e la santa conversazione delle quali il nostro Padre celeste sarà glorificato in tutta la sua Chiesa.

In ciò dunque possiamo considerare la copiosa benignità di Dio in noi, che per la sua abbondante misericordia e carità si è degnato di dire queste cose per mezzo del suo santo, riguardo alla nostra vocazione ed elezione. E non soltanto riguardo a noi il nostro beatissimo padre Francesco profetò queste cose, ma anche riguardo alle altre, che sarebbero venute nella vocazione santa, nella quale il Signore ci ha chiamate.

Con quanta sollecitudine, dunque, con quando zelo di mente e di corpo dobbiamo osservare i comandamenti di Dio e del nostro Padre, per poter restituire, con l'aiuto di Dio, moltiplicato il talento! Il Signore stesso, infatti, ci ha poste come forma in esempio e specchio non solo per gli altri, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore chiamerà, affinché anch'esse siano di specchio e d'esempio a coloro che vivono nel mondo. Poiché dunque il Signore ci ha chiamate a cose tanto grandi, cosicché coloro che sono date come specchio ed esempio agli altri, possano rispecchiarsi in noi, siamo molto tenute a benedire e a lodare Dio e a corroborarci ancor di più per fare il bene nel Signore. Perciò, se vivremo secondo la forma predetta, lasceremo agli altri un nobile esempio e acquisteremo il premio della beatitudine eterna con una fatica brevissima.

Dopo che l'altissimo Padre celeste si fu degnato, per sua misericordia e per sua grazia, d'illuminare il mio cuore, perché secondo l'esempio e la dottrina del beatissimo padre nostro Francesco facessi penitenza, poco dopo la sua conversione, insieme con poche sorelle che il Signore mi aveva dato poco dopo la conversione mia, promisi a lui volontariamente obbedienza, come il Signore ci aveva conferito il lume della sua grazia per mezzo della sua vita mirabile e della sua mirabile dottrina. Il beato Francesco poi, considerando che, pur essendo fragili e deboli secondo il corpo, tuttavia non ricusavamo nessuna necessità, nessuna povertà, nessuna fatica, nessuna tribolazione o deprezzamento e disprezzo del mondo, ché anzi li consideravamo come grandi delizie, come frequentemente egli ci aveva esaminate secondo gli esempi dei santi e dei suoi frati, si rallegrò molto nel Signore; e mosso a pietà verso di noi, si obbligò con noi di avere da se stesso e per mezzo della sua religione, cura diligente e sollecitudine speciale per noi come per i suoi frati.

E così, per volontà di Dio e del nostro beatissimo padre Francesco, andammo alla chiesa di San Damiano per dimorarvi, dove il Signore in breve tempo, per sua misericordia e grazia ci moltiplicò, perché si adempisse ciò che il Signore aveva predetto per mezzo del suo santo. Infatti, prima, ci eravamo trattenute in altro luogo, benché per poco.

Poi scrisse per noi una forma di vita e massimamente perché perseverassimo sempre nella santa povertà. Né si accontentò, durante la sua vita, di esortarci con molti sermoni ed esempi all'amore della santissima povertà e alla sua osservanza, ma ci trasmise molti scritti, affinché dopo la sua morte non ci scostassimo per nulla da essa, come il Figlio di Dio, mentre visse nel mondo, non volle mai allontanarsi dalla medesima santa povertà. E il beatissimo padre nostro Francesco, avendo imitato le sue vestigia, la sua santa povertà, che scelse per sé e per i suoi frati, finché visse, non si scostò affatto da essa, con il suo esempio e la sua dottrina.

Io, dunque, Chiara, ancella, benché indegna, del Cristo e delle sorelle povere del monastero di San Damiano, e pianticella del santo padre, considerando con le mie altre sorelle la nostra così alta professione e il comando di un tale padre, e anche la fragilità delle altre, che noi temevamo in noi stesse dopo il trapasso del nostro santo padre Francesco, che era la nostra colonna, la nostra unica consolazione dopo Dio e il nostro appoggio, ancora e ancora ci siamo volontariamente obbligate alla nostra santissima madonna povertà, cosicché dopo la mia morte le sorelle, che sono e che verranno, non possano in alcun modo scostarsi da essa.

E come io fui sempre zelante e sollecita nell'osservare e nel fare osservare dalle altre la santa povertà che abbiamo promesso al Signore e al nostro padre il beato Francesco, così quelle che mi succederanno nell'ufficio siano tenute sino alla fine a osservare con l'aiuto di Dio e a far osservare la santa povertà. Anzi, per maggiore precauzione, fui sollecita a far corroborare la nostra professione della santissima povertà, che abbiamo promessa al Signore e al nostro beatissimo padre, con dei privilegi del signor papa Innocenzo, al tempo del quale noi cominciammo, e dei suoi successori, affinché in nessun momento ci scostiamo in alcun modo da essa.

Perciò, piegate le ginocchia e inclinato l'uno e l'altro uomo, raccomando tutte le mie sorelle che sono e che verranno, alla santa madre Chiesa Romana, al sommo pontefice e in particolare al signor cardinale che è stato deputato alla religione dei Frati Minori e a noi,

affinché per amore di quel Dio,che povero fu posato nel presepe,povero visse nel mondo e nudo rimase sul patibolo,

faccia che sempre il suo piccolo gregge, che il Signor Padre ha generato nella sua santa Chiesa per mezzo della parola e dell'esempio del nostro beatissimo padre san Francesco per seguire la povertà e l'umiltà del suo Figlio diletto e della gloriosa Vergine, sua madre. osservi la santa povertà che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre san Francesco, e che si degni sempre di incoraggiarle e conservarle.

E come il Signore ci diede il nostro beatissimo padre Francesco come fondatore, piantatore e nostro aiuto nel servizio del Cristo e in ciò che abbiamo promesso al Signore e al nostro beato padre, il quale pure, mentre visse, fu sollecito con la parola e l'opera a coltivare accuratamente e favorire sempre noi, pianticella sua, così io raccomando e lascio le mie sorelle, che sono e che verranno, al successore del beatissimo padre nostro Francesco e a tutta la religione, affinché ci siano sempre di aiuto nel progredire in meglio per servire Dio e soprattutto per osservare meglio la santissima povertà.

Se poi accadesse che in qualche tempo le dette sorelle lasciassero il detto luogo e si trasferissero in un altro siano tenute, dopo la mia morte, dovunque siano, a osservare la predetta forma di povertà, che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre Francesco.

Tuttavia, colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, come pure le altre, sia sollecita e previdente, affinché riguardo al luogo suddetto, non acquistino o non ricevano di terra, se non tanto quanto lo esige l'estrema necessità per un orto da coltivare a ortaggi. E se da qualche parte per l'onestà e il ritiro del monastero, occorresse aver più terra fuori della cinta dell'orto, non permettano che sia acquistata e nemmeno che ne ricevano di più di quanto non lo esiga l'estrema necessità. E quella terra non venga affatto lavorata, né seminata, ma rimanga sempre come sodaglia incolta.

Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle, che sono e che verranno, perché attendano con ardore a imitare la via della santa semplicità, umiltà, povertà e anche l'onestà della santa conversazione, come fin dall'inizio della nostra conversione siamo state ammaestrate accuratamente dal Cristo e dal nostro beatissimo padre il beato Francesco. Dalle quali sparse l'odore della buona fama, tanto a quelli che sono lontani quanto a quelli che sono vicini, lo stesso Padre delle misericordie non per i nostri meriti, ma per la sola misericordia e grazia di largitore. E amandovi le une le altre della carità del Cristo, dimostrate fuori per mezzo delle opere, l'amore che avete dentro, cosicché, provocate da tale esempio, le sorelle crescano sempre nell'amore di Dio e nella mutua carità.

Prego anche colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, perché attenda con ardore a precedere le altre piuttosto nelle virtù e nei santi costumi che nell'ufficio, in tal maniera che le sue sorelle, provocate dal suo esempio, non obbediscano tanto per l'ufficio quanto per amore. Sia anche previdente e discreta riguardo alle sue sorelle, come una buona madre verso le sue figlie, e specialmente si adoperi con zelo a provvedere loro secondo la necessità di ciascuna, con le elemosine che il Signore darà. Sia anche tanto benigna e affabile, che possano manifestare le loro necessità con sicurezza e ricorrere a lei in ogni ora con confidenza, come sembrerà loro espendiente, tanto per sé che per le loro sorelle.

Le sorelle poi che sono suddite si ricordino di avere rinnegato, per Dio, le proprie volontà. Perciò voglio che obbediscano alla loro madre, di loro spontanea volontà, come hanno promesso al Signore, cosicché la loro madre, vedendo la carità, l'umiltà, e l'unità che hanno reciprocamente, porti più lievemente l'onere che per causa dell'ufficio sopporta, e per la loro santa conversazione, ciò che è molesto e amaro le si muti in dolcezza.

E perché stretti sono la via e il sentiero, e angusta la porta per la quale si va e si entra nella vita, pochi sono anche coloro che camminano e entrano per essa. E se ci sono alcuni che per qualche tempo vi camminano, pochissimi sono quelli che in essa perseverano. Ma sono beati coloro ai quali è dato di camminare per essa e perseverare fino alla fine.

Badiamo dunque che, se siamo entrate nella via del Signore, che per colpa nostra e ignoranza, non abbiamo da scostarcene in nessuna maniera in nessun tempo, affinché non abbiamo da recare ingiuria a tanto Signore e alla sua Vergine madre e al padre nostro beato Francesco, alla Chiesa trionfante e anche militante. E' scritto infatti: Maledetti coloro che si scostano dai tuoi comandamenti.

Perciò piego le mie ginocchia al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, affinché, con l'appoggio dei meriti della gloriosa Vergine santa Maria madre sua e del nostro beatissimo padre Francesco e di tutti i santi, il Signore stesso, che ha dato un buon principio, dia la crescita e dia anche la perseveranza finale.

Amen.


Questo scritto, perché meglio debba essere osservato, lo lascio a voi, carissime e dilette sorelle mie, presenti e venture, in segno della benedizione del Signore e del beatissimo padre nostro Francesco e della benedizione mia, vostra madre e ancella.

 

torna su

Clarisse Assisi

Seconda Lettera alla Beata Agnese di Praga (Tra il 1234 e il 1238)

 

1  Alla figlia del Re dei re, alla serva del Signore dei dominanti (Ap 19,16; 1Tm 6,15), alla sposa degnissima di Gesù Cristo e perciò regina nobilissima Donna Agnese, 2 Chiara, ancella inutile (Cfr. Lc 17,10) e indegna delle Donne Povere, invia il suo saluto e laugurio di vivere sempre in perfetta povertà. 

3 Rendo grazie all'Autore della grazia, dal quale, come crediamo, viene ogni bene sommo ed ogni dono perfetto (Gc 1,17), perché ti ha adornata di tanti riconoscimenti di virtù e ti ha illustrata con segni di così alte perfezioni, 4 che, fatta diligente imitatrice del Padre, in cui è ogni perfezione (Cfr. Mt 5,48), meriti di divenire a tua volta perfetta, talmente che i suoi occhi non trovino in te nessun segno di imperfezione (Cfr. Sal 138,16).

5  E questa è la perfezione, per la quale il Re stesso ti unirà a sé nell'etereo talamo, dove siede glorioso su un trono di stelle, 6 che tu, stimando cosa vile la grandezza di un regno terreno e sdegnando l'offerta di un connubio imperiale, 7 per amore della santissima povertà, in spirito di profonda umiltà e di ardentissima carità, ricalchi con assoluta fedeltà le orme (Cfr. 1Pt 2,21) di Colui del quale hai meritato dessere sposa.

8 Ma ti so ricca d'ogni virtù, e perciò rinuncio ad un lungo discorso e non voglio aggravarti di troppe parole, 9 anche se tu non troveresti nulla di superfluo in quelle parole che potrebbero arrecarti qualche consolazione. 10 E giacché una sola è la cosa necessaria (Lc 10,42), di essa soltanto ti scongiuro e ti avviso per amore di Colui, al quale ti sei offerta come vittima santa (Cfr. Rm 12,1) e gradita.

11 Memore del tuo proposito, come unaltra Rachele (Cfr. Gn 29,16), tieni sempre davanti agli occhi il punto di partenza. I risultati raggiunti, conservali; ciò che fai, fallo bene; non arrestarti (Cfr. Ct 3,4); 12 ma anzi, con corso veloce e passo leggero, con piede sicuro, che neppure alla polvere permette di ritardarne l'andare, 13 avanza confidente e lieta nella via della beatitudine che ti sei assicurata.

14 E non credere, e non lasciarti sedurre da nessuno che tentasse sviarti da questo proposito o metterti degli ostacoli (Cfr. Rm 14,13) su questa via, per impedirti di riportare all'Altissimo le tue promesse (Sal 49,14) con quella perfezione alla quale ti invitò lo Spirito del Signore.

15 Riguardo a questo, perché tu possa percorrere più sicura la strada dei divini mandati (Cfr. Sal 118,32), attieniti ai consigli del venerabile padre nostro frate Elia, ministro generale, 16 ed anteponili ai consigli di qualsiasi altro e ritienili più preziosi per te di qualsiasi dono.

17  E se qualcuno ti dice o ti suggerisce altre iniziative, che impediscano la via di perfezione che hai abbracciata o che ti sembrino contrarie alla divina vocazione, pur portandoti con tutto il rispetto, non seguire però il consiglio di lui, 18 ma attaccati, vergine poverella, a Cristo povero.

19 Vedi che Egli per te si è fatto oggetto di disprezzo, e segui il suo esempio rendendoti, per amor suo, spregevole in questo mondo. 20 Mira, o nobilissima regina, lo Sposo tuo, il più bello tra i figli degli uomini (Sal 44,3), divenuto per la tua salvezza il più vile degli uomini, disprezzato, percosso e in tutto il corpo ripetutamente flagellato (Cfr. Mt 19,20; 27,26), e morente perfino tra i più struggenti dolori sulla croce. Medita e contempla e brama di imitarlo. 

21 Se con Lui soffrirai, con Lui regnerai (Cfr. Rm 8,17; 2Tm 2,12); se con Lui piangerai, con Lui godrai; se in compagnia di Lui morirai (2Tm 2,11) sulla croce della tribolazione, possederai con Lui le celesti dimore nello splendore dei santi (Sal 109,3), 22 e il tuo nome sarà scritto nel Libro della vita (Fil 4,3; Ap 14,22) e diverrà famoso tra gli uomini. 23 Perciò possederai per tutta leternità e per tutti secoli la gloria del regno celeste, in luogo degli onori terreni così caduchi; parteciperai dei beni eterni, invece che dei beni perituri e vivrai per tutti i secoli.

24  Addio sorella e, a causa del Signore tuo Sposo, signora carissima.

25 Abbi a cuore di raccomandare al Signore (Cfr. At 14,22) nelle tue devote orazioni me, assieme alle mie sorelle, che tutte godiamo per i beni che il Signore opera in te con la sua grazia. E raccomandaci con insistenza anche alle preghiere delle tue sorelle. 

 

 

torna su

Clarisse Assisi

 

TESTAMENTO DI SANTA CHIARA : Nel nome del Signore. Amen.   

Fra gli altri benefici, che dal nostro largitore Padre delle misericordie abbiamo ricevuto e ogni giorno riceviamo e per cui dobbiamo maggiormente ringraziare il glorioso Padre del Cristo, c'è la nostra vocazione, la quale quanto più perfetta e grande, tanto più gli dobbiamo. Donde l'Apostolo: Riconosci la tua vocazione. Il Figlio di Dio si è fatto per noi via, che con la parola e l'esempio ci ha mostrato e insegnato il nostro beatissimo Padre Francesco, vero suo amatore e imitatore.

Dobbiamo dunque considerare, sorelle dilette, gl'immensi benefici di Dio in noi accumulati, ma tra gli altri, quelli che per mezzo del suo servo diletto, il padre nostro beato Francesco, Dio si è degnato di operare in noi, non solo dopo la nostra conversione, ma anche mentre eravamo nella misera vanità del mondo. Infatti, quando lo stesso santo non aveva ancora né fratelli né compagni, quasi subito dopo la sua conversione, mentre edificava la chiesa di San Damiano, dove totalmente visitato dalla consolazione divina, fu spinto ad abbandonare del tutto il mondo, per grande letizia e illuminazione dello Spirito Santo profetò riguardo a noi, ciò che poi il Signore adempì.

Salendo infatti in quel tempo sopra il muro di detta chiesa, ad alcuni poveri, che sostavano là vicino, ad alta voce diceva in lingua francese: Venite e aiutatemi nell'opera del monastero di San Damiano, perché vi saranno ivi delle donne, con la vita famosa e la santa conversazione delle quali il nostro Padre celeste sarà glorificato in tutta la sua Chiesa.

In ciò dunque possiamo considerare la copiosa benignità di Dio in noi, che per la sua abbondante misericordia e carità si è degnato di dire queste cose per mezzo del suo santo, riguardo alla nostra vocazione ed elezione. E non soltanto riguardo a noi il nostro beatissimo padre Francesco profetò queste cose, ma anche riguardo alle altre, che sarebbero venute nella vocazione santa, nella quale il Signore ci ha chiamate.

Con quanta sollecitudine, dunque, con quando zelo di mente e di corpo dobbiamo osservare i comandamenti di Dio e del nostro Padre, per poter restituire, con l'aiuto di Dio, moltiplicato il talento! Il Signore stesso, infatti, ci ha poste come forma in esempio e specchio non solo per gli altri, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore chiamerà, affinché anch'esse siano di specchio e d'esempio a coloro che vivono nel mondo. Poiché dunque il Signore ci ha chiamate a cose tanto grandi, cosicché coloro che sono date come specchio ed esempio agli altri, possano rispecchiarsi in noi, siamo molto tenute a benedire e a lodare Dio e a corroborarci ancor di più per fare il bene nel Signore. Perciò, se vivremo secondo la forma predetta, lasceremo agli altri un nobile esempio e acquisteremo il premio della beatitudine eterna con una fatica brevissima.

Dopo che l'altissimo Padre celeste si fu degnato, per sua misericordia e per sua grazia, d'illuminare il mio cuore, perché secondo l'esempio e la dottrina del beatissimo padre nostro Francesco facessi penitenza, poco dopo la sua conversione, insieme con poche sorelle che il Signore mi aveva dato poco dopo la conversione mia, promisi a lui volontariamente obbedienza, come il Signore ci aveva conferito il lume della sua grazia per mezzo della sua vita mirabile e della sua mirabile dottrina. Il beato Francesco poi, considerando che, pur essendo fragili e deboli secondo il corpo, tuttavia non ricusavamo nessuna necessità, nessuna povertà, nessuna fatica, nessuna tribolazione o deprezzamento e disprezzo del mondo, ché anzi li consideravamo come grandi delizie, come frequentemente egli ci aveva esaminate secondo gli esempi dei santi e dei suoi frati, si rallegrò molto nel Signore; e mosso a pietà verso di noi, si obbligò con noi di avere da se stesso e per mezzo della sua religione, cura diligente e sollecitudine speciale per noi come per i suoi frati.

E così, per volontà di Dio e del nostro beatissimo padre Francesco, andammo alla chiesa di San Damiano per dimorarvi, dove il Signore in breve tempo, per sua misericordia e grazia ci moltiplicò, perché si adempisse ciò che il Signore aveva predetto per mezzo del suo santo. Infatti, prima, ci eravamo trattenute in altro luogo, benché per poco.

Poi scrisse per noi una forma di vita e massimamente perché perseverassimo sempre nella santa povertà. Né si accontentò, durante la sua vita, di esortarci con molti sermoni ed esempi all'amore della santissima povertà e alla sua osservanza, ma ci trasmise molti scritti, affinché dopo la sua morte non ci scostassimo per nulla da essa, come il Figlio di Dio, mentre visse nel mondo, non volle mai allontanarsi dalla medesima santa povertà. E il beatissimo padre nostro Francesco, avendo imitato le sue vestigia, la sua santa povertà, che scelse per sé e per i suoi frati, finché visse, non si scostò affatto da essa, con il suo esempio e la sua dottrina.

Io, dunque, Chiara, ancella, benché indegna, del Cristo e delle sorelle povere del monastero di San Damiano, e pianticella del santo padre, considerando con le mie altre sorelle la nostra così alta professione e il comando di un tale padre, e anche la fragilità delle altre, che noi temevamo in noi stesse dopo il trapasso del nostro santo padre Francesco, che era la nostra colonna, la nostra unica consolazione dopo Dio e il nostro appoggio, ancora e ancora ci siamo volontariamente obbligate alla nostra santissima madonna povertà, cosicché dopo la mia morte le sorelle, che sono e che verranno, non possano in alcun modo scostarsi da essa.

E come io fui sempre zelante e sollecita nell'osservare e nel fare osservare dalle altre la santa povertà che abbiamo promesso al Signore e al nostro padre il beato Francesco, così quelle che mi succederanno nell'ufficio siano tenute sino alla fine a osservare con l'aiuto di Dio e a far osservare la santa povertà. Anzi, per maggiore precauzione, fui sollecita a far corroborare la nostra professione della santissima povertà, che abbiamo promessa al Signore e al nostro beatissimo padre, con dei privilegi del signor papa Innocenzo, al tempo del quale noi cominciammo, e dei suoi successori, affinché in nessun momento ci scostiamo in alcun modo da essa.

Perciò, piegate le ginocchia e inclinato l'uno e l'altro uomo, raccomando tutte le mie sorelle che sono e che verranno, alla santa madre Chiesa Romana, al sommo pontefice e in particolare al signor cardinale che è stato deputato alla religione dei Frati Minori e a noi,

affinché per amore di quel Dio,che povero fu posato nel presepe,povero visse nel mondo e nudo rimase sul patibolo,

faccia che sempre il suo piccolo gregge, che il Signor Padre ha generato nella sua santa Chiesa per mezzo della parola e dell'esempio del nostro beatissimo padre san Francesco per seguire la povertà e l'umiltà del suo Figlio diletto e della gloriosa Vergine, sua madre. osservi la santa povertà che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre san Francesco, e che si degni sempre di incoraggiarle e conservarle.

E come il Signore ci diede il nostro beatissimo padre Francesco come fondatore, piantatore e nostro aiuto nel servizio del Cristo e in ciò che abbiamo promesso al Signore e al nostro beato padre, il quale pure, mentre visse, fu sollecito con la parola e l'opera a coltivare accuratamente e favorire sempre noi, pianticella sua, così io raccomando e lascio le mie sorelle, che sono e che verranno, al successore del beatissimo padre nostro Francesco e a tutta la religione, affinché ci siano sempre di aiuto nel progredire in meglio per servire Dio e soprattutto per osservare meglio la santissima povertà.

Se poi accadesse che in qualche tempo le dette sorelle lasciassero il detto luogo e si trasferissero in un altro siano tenute, dopo la mia morte, dovunque siano, a osservare la predetta forma di povertà, che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre Francesco.

Tuttavia, colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, come pure le altre, sia sollecita e previdente, affinché riguardo al luogo suddetto, non acquistino o non ricevano di terra, se non tanto quanto lo esige l'estrema necessità per un orto da coltivare a ortaggi. E se da qualche parte per l'onestà e il ritiro del monastero, occorresse aver più terra fuori della cinta dell'orto, non permettano che sia acquistata e nemmeno che ne ricevano di più di quanto non lo esiga l'estrema necessità. E quella terra non venga affatto lavorata, né seminata, ma rimanga sempre come sodaglia incolta.

Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle, che sono e che verranno, perché attendano con ardore a imitare la via della santa semplicità, umiltà, povertà e anche l'onestà della santa conversazione, come fin dall'inizio della nostra conversione siamo state ammaestrate accuratamente dal Cristo e dal nostro beatissimo padre il beato Francesco. Dalle quali sparse l'odore della buona fama, tanto a quelli che sono lontani quanto a quelli che sono vicini, lo stesso Padre delle misericordie non per i nostri meriti, ma per la sola misericordia e grazia di largitore. E amandovi le une le altre della carità del Cristo, dimostrate fuori per mezzo delle opere, l'amore che avete dentro, cosicché, provocate da tale esempio, le sorelle crescano sempre nell'amore di Dio e nella mutua carità.

Prego anche colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, perché attenda con ardore a precedere le altre piuttosto nelle virtù e nei santi costumi che nell'ufficio, in tal maniera che le sue sorelle, provocate dal suo esempio, non obbediscano tanto per l'ufficio quanto per amore. Sia anche previdente e discreta riguardo alle sue sorelle, come una buona madre verso le sue figlie, e specialmente si adoperi con zelo a provvedere loro secondo la necessità di ciascuna, con le elemosine che il Signore darà. Sia anche tanto benigna e affabile, che possano manifestare le loro necessità con sicurezza e ricorrere a lei in ogni ora con confidenza, come sembrerà loro espendiente, tanto per sé che per le loro sorelle.

Le sorelle poi che sono suddite si ricordino di avere rinnegato, per Dio, le proprie volontà. Perciò voglio che obbediscano alla loro madre, di loro spontanea volontà, come hanno promesso al Signore, cosicché la loro madre, vedendo la carità, l'umiltà, e l'unità che hanno reciprocamente, porti più lievemente l'onere che per causa dell'ufficio sopporta, e per la loro santa conversazione, ciò che è molesto e amaro le si muti in dolcezza.

E perché stretti sono la via e il sentiero, e angusta la porta per la quale si va e si entra nella vita, pochi sono anche coloro che camminano e entrano per essa. E se ci sono alcuni che per qualche tempo vi camminano, pochissimi sono quelli che in essa perseverano. Ma sono beati coloro ai quali è dato di camminare per essa e perseverare fino alla fine.

Badiamo dunque che, se siamo entrate nella via del Signore, che per colpa nostra e ignoranza, non abbiamo da scostarcene in nessuna maniera in nessun tempo, affinché non abbiamo da recare ingiuria a tanto Signore e alla sua Vergine madre e al padre nostro beato Francesco, alla Chiesa trionfante e anche militante. E' scritto infatti: Maledetti coloro che si scostano dai tuoi comandamenti.

Perciò piego le mie ginocchia al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, affinché, con l'appoggio dei meriti della gloriosa Vergine santa Maria madre sua e del nostro beatissimo padre Francesco e di tutti i santi, il Signore stesso, che ha dato un buon principio, dia la crescita e dia anche la perseveranza finale.

Amen.


Questo scritto, perché meglio debba essere osservato, lo lascio a voi, carissime e dilette sorelle mie, presenti e venture, in segno della benedizione del Signore e del beatissimo padre nostro Francesco e della benedizione mia, vostra madre e ancella.

torna su

Clarisse Assisi

Terza Lettera alla Beata Agnese di Praga (Inizio 1238)

 

(1) Alla signora per lei reverendissima nel Cristo e alla sorella da amare prima di tutte le mortali, Agnese, sorella dell'illustre re di Boemia, ma ora sorella e sposa del sommo Re dei cieli, (2) Chiara, umilissima e indegna ancella del Cristo e serva delle povere dame, gaudi della salvezza nell'autore della salvezza e tutto ciò che di meglio si può desiderare.

(3) Poiché dalla tua buona salute, dallo stato felice e dai prosperi successi arguisco che nella corsa intrapresa per ottenere la ricompensa celeste, sei piena di vigore, sono piena di tanto gaudio (4) e respiro tanta esultanza nel Signore, quanto conosco e considero che tu supplisci meravigliosamente in me e nelle altre sorelle il difetto nella imitazione delle vestigia di Gesù Cristo povero e umile.

(5) Veramente posso godere, né alcuno potrebbe farmi aliena a tanto gaudio, (6) mentre, tenendo già ciò che sotto il cielo ho ardentemente desiderato, ti vedo, sostenuta da una meravigliosa prerogativa di sapienza proveniente dalla bocca stessa di Dio, soppiantare in una maniera terribile e inopinata le astuzie dello scaltro nemico, l'orgoglio che perde la natura umana, la vanità che rende stolti i cuori umani; (7) e ti vedo abbracciare con l'umiltà, la forza della fede e le braccia della povertà, il tesoro incomparabile nascosto nel campo del mondo e dei cuori umani, con il quale si compra colui dal quale tutto èstato fatto dal nulla; (8) e per usare propriamente le parole dell'Apostolo stesso, ti considero adiutrice di Dio stesso e colei che solleva le membra cadenti del suo corpo ineffabile.

(9) Chi direbbe dunque che non godo di tante mirabili gioie? (10) Godi dunque sempre nel Signore anche tu, carissima, (11) né ti inviluppino l'amarezza e la nebbia, o dilettissima signora in Cristo, gaudio degli angeli e corona delle sorelle;
(12) fissa la tua mente nello specchio dell'eternità, fisa la tua anima nello splendore della gloria,
(13) fissa il tuo cuore nella effigie della divina sostanza e attraverso la contemplazione trasforma tutta te stessa nell'immagine della sua divinità,
(14) per sperimentare anche tu ciò che provano gli amici gustando la nascosta dolcezza, che Dio stesso ha riservato fin dall'inizio ai suoi amanti. (15) E lasciati affatto da parte quelli che, nel mondo fallace e perturbabile irretiscono i loro ciechi amanti, ama totalmente colui, che per il tuo amore ha donato tutto se stesso, (16) la cui bellezza ammirano il sole e la luna, i cui premi e la loro preziosità e grandiosità non hanno fine; (17) voglio dire il Figlio dell'Altissimo, che la Vergine ha partorito e dopo il parto del quale èrimasta vergine. (18) Sta attaccata alla dolcissima madre sua, che ha generato un tale Figlio, che i cieli non potevano contenere, (19) e tuttavia ella ha raccolto nel piccolo chiuso del sacro utero e ha portato nel grembo di adolescente.

(20) Chi non aborrirebbe le insidie del nemico del genere umano, che per mezzo del fasto di momentanee e fallaci glorie spinge a ridurre a nulla ciò che èpiù grande del cielo? (21) Ora èchiaro che, per grazia di Dio, la più degna di tutte le creature, l'anima dell'uomo fedele, èpiù grande del cielo, (22) poiché i cieli, con le altre creature, non possono contenere il Creatore e solo l'anima fedele èsua dimora e suo seggio, e ciò soltanto grazie alla carità di cui mancano gli empi, (23) come dice la Verità: Chi ama me sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò, e verremo a lui e faremo dimora presso di lui.

(24) Come dunque la gloriosa Vergine delle vergini lo ha portato materialmente, (25) così anche tu, seguendo le sue vestigia, specialmente quelle della umiltà e della povertà, lo puoi sempre portare, senza alcun dubbio, spiritualmente in un corpo casto e verginale, (26) contenendo colui dal quale tu e ogni cosa siete contenute, possedendo ciò che anche paragonato con gli altri possessi transeunti di questo mondo possiederai più fortemente. (27) In ciò s'ingannano certi re e regine mondani, (28) le cui superbie, anche se ascendessero fino al cielo e il cui capo anche toccasse le nubi, alla fine saranno ridotti a un letamaio.

(29) A proposito delle cose per le quali tu mi hai già domandato di aprirmi a te, (30) cioèquali sarebbero le feste - come credo tu abbia fino a un certo punto calcolato - che il nostro gloriosissimo padre san Francesco ci avrebbe esortato di celebrare in modo speciale con una variazione di cibi, ho pensato che bisognava rispondere alla tua carità. (31) La tua prudenza avrà saputo che, eccettuate le deboli e le malate, per le quali ci ha esortato e comandato a usare ogni discrezione possibile riguardo a ogni cibo, (32) nessuna di noi sana e valida dovrebbe mangiare se non cibi quaresimali soltanto, tanto nei giorni feriali che in quelli festivi, digiunando ogni giorno, (33) eccettuate le domeniche e il Natale del Signore, nei quali dovremmo mangiare due volte al giorno. (34) E così pure il giovedì, in tempo ordinario, a volontà di ciascuna, cosicché chi non volesse non sarebbe tenuta a digiunare. (35) Tuttavia noi sane digiuniamo ogni giorno, eccetto la domenica e il Natale. (36) Per tutto il tempo di Pasqua però, come dice lo scritto del beato Francesco, e nelle festività di Santa Maria e dei santi apostoli nemmeno siamo tenute, salvo che queste feste non cadano di venerdì; (37) e come èstato detto sopra, sempre che siamo sane e valide, noi mangiamo cibi quaresimali.

(38) Ma siccome la nostra carne non è carne di bronzo, né la nostra forza è la forza della pietra, (39) ché anzi siamo fragili e proclive a ogni debolezza corporale, (40) carissima, io ti prego e ti domando nel Signore di ritrarti saggiamente e discretamente da una certa austerità nell'astinenza, indiscreta e impossibile, che ho saputo tu hai intrapreso, (41) affinché vivente confessi il Signore, e renda al Signore il tuo ossequio ragionevole e il tuo sacrificio sempre condito di sale.

(42) Sta bene nel Signore, come io mi auguro di stare bene e raccomanda sia me che le mie sorelle nelle tue sante orazioni.

torna su

Clarisse Assisi

CLARISSE ASSISI

 

TESTAMENTO DI SANTA CHIARA : Nel nome del Signore. Amen.   

Fra gli altri benefici, che dal nostro largitore Padre delle misericordie abbiamo ricevuto e ogni giorno riceviamo e per cui dobbiamo maggiormente ringraziare il glorioso Padre del Cristo, c'è la nostra vocazione, la quale quanto più perfetta e grande, tanto più gli dobbiamo. Donde l'Apostolo: Riconosci la tua vocazione. Il Figlio di Dio si è fatto per noi via, che con la parola e l'esempio ci ha mostrato e insegnato il nostro beatissimo Padre Francesco, vero suo amatore e imitatore.

Dobbiamo dunque considerare, sorelle dilette, gl'immensi benefici di Dio in noi accumulati, ma tra gli altri, quelli che per mezzo del suo servo diletto, il padre nostro beato Francesco, Dio si è degnato di operare in noi, non solo dopo la nostra conversione, ma anche mentre eravamo nella misera vanità del mondo. Infatti, quando lo stesso santo non aveva ancora né fratelli né compagni, quasi subito dopo la sua conversione, mentre edificava la chiesa di San Damiano, dove totalmente visitato dalla consolazione divina, fu spinto ad abbandonare del tutto il mondo, per grande letizia e illuminazione dello Spirito Santo profetò riguardo a noi, ciò che poi il Signore adempì.

Salendo infatti in quel tempo sopra il muro di detta chiesa, ad alcuni poveri, che sostavano là vicino, ad alta voce diceva in lingua francese: Venite e aiutatemi nell'opera del monastero di San Damiano, perché vi saranno ivi delle donne, con la vita famosa e la santa conversazione delle quali il nostro Padre celeste sarà glorificato in tutta la sua Chiesa.

In ciò dunque possiamo considerare la copiosa benignità di Dio in noi, che per la sua abbondante misericordia e carità si è degnato di dire queste cose per mezzo del suo santo, riguardo alla nostra vocazione ed elezione. E non soltanto riguardo a noi il nostro beatissimo padre Francesco profetò queste cose, ma anche riguardo alle altre, che sarebbero venute nella vocazione santa, nella quale il Signore ci ha chiamate.

Con quanta sollecitudine, dunque, con quando zelo di mente e di corpo dobbiamo osservare i comandamenti di Dio e del nostro Padre, per poter restituire, con l'aiuto di Dio, moltiplicato il talento! Il Signore stesso, infatti, ci ha poste come forma in esempio e specchio non solo per gli altri, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore chiamerà, affinché anch'esse siano di specchio e d'esempio a coloro che vivono nel mondo. Poiché dunque il Signore ci ha chiamate a cose tanto grandi, cosicché coloro che sono date come specchio ed esempio agli altri, possano rispecchiarsi in noi, siamo molto tenute a benedire e a lodare Dio e a corroborarci ancor di più per fare il bene nel Signore. Perciò, se vivremo secondo la forma predetta, lasceremo agli altri un nobile esempio e acquisteremo il premio della beatitudine eterna con una fatica brevissima.

Dopo che l'altissimo Padre celeste si fu degnato, per sua misericordia e per sua grazia, d'illuminare il mio cuore, perché secondo l'esempio e la dottrina del beatissimo padre nostro Francesco facessi penitenza, poco dopo la sua conversione, insieme con poche sorelle che il Signore mi aveva dato poco dopo la conversione mia, promisi a lui volontariamente obbedienza, come il Signore ci aveva conferito il lume della sua grazia per mezzo della sua vita mirabile e della sua mirabile dottrina. Il beato Francesco poi, considerando che, pur essendo fragili e deboli secondo il corpo, tuttavia non ricusavamo nessuna necessità, nessuna povertà, nessuna fatica, nessuna tribolazione o deprezzamento e disprezzo del mondo, ché anzi li consideravamo come grandi delizie, come frequentemente egli ci aveva esaminate secondo gli esempi dei santi e dei suoi frati, si rallegrò molto nel Signore; e mosso a pietà verso di noi, si obbligò con noi di avere da se stesso e per mezzo della sua religione, cura diligente e sollecitudine speciale per noi come per i suoi frati.

E così, per volontà di Dio e del nostro beatissimo padre Francesco, andammo alla chiesa di San Damiano per dimorarvi, dove il Signore in breve tempo, per sua misericordia e grazia ci moltiplicò, perché si adempisse ciò che il Signore aveva predetto per mezzo del suo santo. Infatti, prima, ci eravamo trattenute in altro luogo, benché per poco.

Poi scrisse per noi una forma di vita e massimamente perché perseverassimo sempre nella santa povertà. Né si accontentò, durante la sua vita, di esortarci con molti sermoni ed esempi all'amore della santissima povertà e alla sua osservanza, ma ci trasmise molti scritti, affinché dopo la sua morte non ci scostassimo per nulla da essa, come il Figlio di Dio, mentre visse nel mondo, non volle mai allontanarsi dalla medesima santa povertà. E il beatissimo padre nostro Francesco, avendo imitato le sue vestigia, la sua santa povertà, che scelse per sé e per i suoi frati, finché visse, non si scostò affatto da essa, con il suo esempio e la sua dottrina.

Io, dunque, Chiara, ancella, benché indegna, del Cristo e delle sorelle povere del monastero di San Damiano, e pianticella del santo padre, considerando con le mie altre sorelle la nostra così alta professione e il comando di un tale padre, e anche la fragilità delle altre, che noi temevamo in noi stesse dopo il trapasso del nostro santo padre Francesco, che era la nostra colonna, la nostra unica consolazione dopo Dio e il nostro appoggio, ancora e ancora ci siamo volontariamente obbligate alla nostra santissima madonna povertà, cosicché dopo la mia morte le sorelle, che sono e che verranno, non possano in alcun modo scostarsi da essa.

E come io fui sempre zelante e sollecita nell'osservare e nel fare osservare dalle altre la santa povertà che abbiamo promesso al Signore e al nostro padre il beato Francesco, così quelle che mi succederanno nell'ufficio siano tenute sino alla fine a osservare con l'aiuto di Dio e a far osservare la santa povertà. Anzi, per maggiore precauzione, fui sollecita a far corroborare la nostra professione della santissima povertà, che abbiamo promessa al Signore e al nostro beatissimo padre, con dei privilegi del signor papa Innocenzo, al tempo del quale noi cominciammo, e dei suoi successori, affinché in nessun momento ci scostiamo in alcun modo da essa.

Perciò, piegate le ginocchia e inclinato l'uno e l'altro uomo, raccomando tutte le mie sorelle che sono e che verranno, alla santa madre Chiesa Romana, al sommo pontefice e in particolare al signor cardinale che è stato deputato alla religione dei Frati Minori e a noi,

affinché per amore di quel Dio,che povero fu posato nel presepe,povero visse nel mondo e nudo rimase sul patibolo,

faccia che sempre il suo piccolo gregge, che il Signor Padre ha generato nella sua santa Chiesa per mezzo della parola e dell'esempio del nostro beatissimo padre san Francesco per seguire la povertà e l'umiltà del suo Figlio diletto e della gloriosa Vergine, sua madre. osservi la santa povertà che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre san Francesco, e che si degni sempre di incoraggiarle e conservarle.

E come il Signore ci diede il nostro beatissimo padre Francesco come fondatore, piantatore e nostro aiuto nel servizio del Cristo e in ciò che abbiamo promesso al Signore e al nostro beato padre, il quale pure, mentre visse, fu sollecito con la parola e l'opera a coltivare accuratamente e favorire sempre noi, pianticella sua, così io raccomando e lascio le mie sorelle, che sono e che verranno, al successore del beatissimo padre nostro Francesco e a tutta la religione, affinché ci siano sempre di aiuto nel progredire in meglio per servire Dio e soprattutto per osservare meglio la santissima povertà.

Se poi accadesse che in qualche tempo le dette sorelle lasciassero il detto luogo e si trasferissero in un altro siano tenute, dopo la mia morte, dovunque siano, a osservare la predetta forma di povertà, che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre Francesco.

Tuttavia, colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, come pure le altre, sia sollecita e previdente, affinché riguardo al luogo suddetto, non acquistino o non ricevano di terra, se non tanto quanto lo esige l'estrema necessità per un orto da coltivare a ortaggi. E se da qualche parte per l'onestà e il ritiro del monastero, occorresse aver più terra fuori della cinta dell'orto, non permettano che sia acquistata e nemmeno che ne ricevano di più di quanto non lo esiga l'estrema necessità. E quella terra non venga affatto lavorata, né seminata, ma rimanga sempre come sodaglia incolta.

Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle, che sono e che verranno, perché attendano con ardore a imitare la via della santa semplicità, umiltà, povertà e anche l'onestà della santa conversazione, come fin dall'inizio della nostra conversione siamo state ammaestrate accuratamente dal Cristo e dal nostro beatissimo padre il beato Francesco. Dalle quali sparse l'odore della buona fama, tanto a quelli che sono lontani quanto a quelli che sono vicini, lo stesso Padre delle misericordie non per i nostri meriti, ma per la sola misericordia e grazia di largitore. E amandovi le une le altre della carità del Cristo, dimostrate fuori per mezzo delle opere, l'amore che avete dentro, cosicché, provocate da tale esempio, le sorelle crescano sempre nell'amore di Dio e nella mutua carità.

Prego anche colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, perché attenda con ardore a precedere le altre piuttosto nelle virtù e nei santi costumi che nell'ufficio, in tal maniera che le sue sorelle, provocate dal suo esempio, non obbediscano tanto per l'ufficio quanto per amore. Sia anche previdente e discreta riguardo alle sue sorelle, come una buona madre verso le sue figlie, e specialmente si adoperi con zelo a provvedere loro secondo la necessità di ciascuna, con le elemosine che il Signore darà. Sia anche tanto benigna e affabile, che possano manifestare le loro necessità con sicurezza e ricorrere a lei in ogni ora con confidenza, come sembrerà loro espendiente, tanto per sé che per le loro sorelle.

Le sorelle poi che sono suddite si ricordino di avere rinnegato, per Dio, le proprie volontà. Perciò voglio che obbediscano alla loro madre, di loro spontanea volontà, come hanno promesso al Signore, cosicché la loro madre, vedendo la carità, l'umiltà, e l'unità che hanno reciprocamente, porti più lievemente l'onere che per causa dell'ufficio sopporta, e per la loro santa conversazione, ciò che è molesto e amaro le si muti in dolcezza.

E perché stretti sono la via e il sentiero, e angusta la porta per la quale si va e si entra nella vita, pochi sono anche coloro che camminano e entrano per essa. E se ci sono alcuni che per qualche tempo vi camminano, pochissimi sono quelli che in essa perseverano. Ma sono beati coloro ai quali è dato di camminare per essa e perseverare fino alla fine.

Badiamo dunque che, se siamo entrate nella via del Signore, che per colpa nostra e ignoranza, non abbiamo da scostarcene in nessuna maniera in nessun tempo, affinché non abbiamo da recare ingiuria a tanto Signore e alla sua Vergine madre e al padre nostro beato Francesco, alla Chiesa trionfante e anche militante. E' scritto infatti: Maledetti coloro che si scostano dai tuoi comandamenti.

Perciò piego le mie ginocchia al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, affinché, con l'appoggio dei meriti della gloriosa Vergine santa Maria madre sua e del nostro beatissimo padre Francesco e di tutti i santi, il Signore stesso, che ha dato un buon principio, dia la crescita e dia anche la perseveranza finale.

Amen.


Questo scritto, perché meglio debba essere osservato, lo lascio a voi, carissime e dilette sorelle mie, presenti e venture, in segno della benedizione del Signore e del beatissimo padre nostro Francesco e della benedizione mia, vostra madre e ancella.

torna su

Clarisse Assisi

Quarta Lettera alla Beata Agnese di Praga (tra il febbraio e i primi di agosto 1253)

 

(1) Alla metà dell'anima sua e allo scrigno dell'amore singolare del suo cuore, all'illustre regina, alla sposa dell'Agnello Re eterno, a donna Agnese, madre sua carissima e figlia fra tutte le altre speciale, (2) Chiara, indegna serva di Cristo e ancella inutile delle sue ancelle che dimorano nel monastero di San Damiano di Assisi, (3) salute e che con trono di Dio e dell'Agnello e che segua l'Agnello dovunque andrà.

(4) O madre e figlia, sposa del Re di tutti i secoli, benché non ti abbia scritto frequentemente, come la tua e la mia anima ugualmente desiderano e in certo modo bramano, non meravigliarti (5) e non credere in alcun modo che l'incendio della carità verso di te arda meno soavemente nelle viscere di tua madre. (6) Questo èl'impedimento: la mancanza di messaggeri e i manifesti pericoli delle strade. (7) Ma ora, scrivendo alla tua carità godo ed esulto con te nel gaudio dello spirito, o sposa di Cristo, (8) perché come l'altra vergine santissima, santa Agnese, sei stata meravigliosamente fidanzata all'Agnello immacolato, che toglie i peccati del mondo, abbandonate tutte le vanità di questo mondo.

(9) Felice certo colei a cui è dato di godere di questo sacro banchetto, per aderire con tutte le fibre del suo cuore a colui

(10) del quale tutte le beate armate dei cieli ammirano incessantemente la bellezza, (11) il cui amore appassionata, la cui contemplazione ristora, la cui benignità sazia; (12) la cui soavità riempie, la cui memoria brilla soavemente, (13) al cui odore i morti rivivranno, la cui visione gloriosa renderà beati tutti i cittadini della celeste Gerusalemme;  (14) poiché egli è lo splendore dell'eterna gloria, il candore della luce eterna e lo specchio senza macchia.

(15) Questo specchio, guardalo ogni giorno, o regina, sposa di Gesù Cristo, e di continuo scruta attentamente in lui il tuo volto, (16) cosicché interiormente ed esternamente tutta ti adorni, avvolta e cinta di vari colori, (17) adornata pure con i fiori e le vesti di tutte le virtù, come conviene, figlia e sposa carissima del sommo Re. (18) In questo specchio poi rifulge la beata povertà, la santa umiltà e l'ineffabile carità, come potrai contemplare in tutto lo specchio, con la grazia di Dio.

(19) Considera, dico, il principio di questo specchio, la povertà di colui che è stato posato in un presepe e avvolto in pannicelli. (20) O ammirabile umiltà, o stupenda povertà! (21) Il Re degli angeli, il Signore del Cielo e della terra posato nel presepe. (22) In mezzo allo specchio poi considera l'umiltà, almeno la beata povertà, gli innumerevoli disagi e le pene che ha sostenuto per la redenzione del genere umano. (23) Alla fine di questo stesso specchio contempla la carità ineffabile, per la quale ha voluto patire sull'albero della croce e morirvi con un genere di morte più turpe di ogni altro.

(24) Così lo stesso specchio, posto sul legno della croce, ammoniva egli stesso i passanti di ciò che là bisognava considerare, dicendo: (25) O voi tutti che passate per via, considerate e vedete se c'è un dolore pari al mio; (26) rispondiamo, dice, d'un solo spirito, a colui che grida e si lamenta d'una sola voce: Nella mia memoria mi ricorderò e la mia anima in me si struggerà.

(27) Possa tu dunque, o regina del celeste Re, accenderti sempre più fortemente di questo ardore di carità (28) Contemplando inoltre le indicibili sue delizie, ricchezze e onori perpetui (29) e sospirando per l'eccessivo desiderio e amore del cuore, proclami: (30)  Trascinami dietro a te, corriamo seguendo l'odore dei tuoi unguenti, sposo celeste!

(31) Correrò e non verrò meno, finché tu non m'introduca nella cella del vino, (32) finché la tua sinistra non sia sotto il mio capo e la tua destra non mi abbracci felicemente, e tu mi baci con il più felice bacio della tua bocca.

(33) Posta in questa contemplazione, abbi memoria della tua madre poverella, (34) sapendo che io ho inciso inseparabilmente la tua felice memoria nelle tavole del mio cuore, avendoti tra tutti come la più cara.

(35) Che più? Nella dilezione di te taccia la lingua carnale; o piuttosto parli la lingua dello spirito. (36) O figlia benedetta poiché la dilezione che ho verso di te, in alcun modo si potrebbe esprimere più pienamente con lingua carnale, (37) ciò che ti ho scritto incompiutamente, ti prego di accoglierlo benignamente e devotamente, badando in esso almeno all'affetto materno, del cui ardore di carità ogni giorno ardo per te e per le figlie tue, alle quali raccomanda molto ma e le mie figlie in Cristo. (38)  Le medesime mie figlie, ma specialmente la prudentissima vergine Agnese, sorella nostra, per quanto possono, si raccomandano nel Signore a te e alle tue figlie.

(39)  Sta bene, carissima figlia, insieme alle figlie tue fino al trono di gloria del grande Iddio e pregate per noi.

(40)  Con la presente per quanto posso, raccomando alla tua carità i latori della medesima, i carissimi fratelli nostri frate Amato, amato da Con la presente per quanto posso, raccomando alla tua carità i latori della medesima, i carissimi fratelli nostri frate Amato, amato da Dio e da gli uomini e il frate Bonagura. Amen

torna su

Clarisse Assisi

CLARISSE ASSISI

 

TESTAMENTO DI SANTA CHIARA : Nel nome del Signore. Amen.   

Fra gli altri benefici, che dal nostro largitore Padre delle misericordie abbiamo ricevuto e ogni giorno riceviamo e per cui dobbiamo maggiormente ringraziare il glorioso Padre del Cristo, c'è la nostra vocazione, la quale quanto più perfetta e grande, tanto più gli dobbiamo. Donde l'Apostolo: Riconosci la tua vocazione. Il Figlio di Dio si è fatto per noi via, che con la parola e l'esempio ci ha mostrato e insegnato il nostro beatissimo Padre Francesco, vero suo amatore e imitatore.

Dobbiamo dunque considerare, sorelle dilette, gl'immensi benefici di Dio in noi accumulati, ma tra gli altri, quelli che per mezzo del suo servo diletto, il padre nostro beato Francesco, Dio si è degnato di operare in noi, non solo dopo la nostra conversione, ma anche mentre eravamo nella misera vanità del mondo. Infatti, quando lo stesso santo non aveva ancora né fratelli né compagni, quasi subito dopo la sua conversione, mentre edificava la chiesa di San Damiano, dove totalmente visitato dalla consolazione divina, fu spinto ad abbandonare del tutto il mondo, per grande letizia e illuminazione dello Spirito Santo profetò riguardo a noi, ciò che poi il Signore adempì.

Salendo infatti in quel tempo sopra il muro di detta chiesa, ad alcuni poveri, che sostavano là vicino, ad alta voce diceva in lingua francese: Venite e aiutatemi nell'opera del monastero di San Damiano, perché vi saranno ivi delle donne, con la vita famosa e la santa conversazione delle quali il nostro Padre celeste sarà glorificato in tutta la sua Chiesa.

In ciò dunque possiamo considerare la copiosa benignità di Dio in noi, che per la sua abbondante misericordia e carità si è degnato di dire queste cose per mezzo del suo santo, riguardo alla nostra vocazione ed elezione. E non soltanto riguardo a noi il nostro beatissimo padre Francesco profetò queste cose, ma anche riguardo alle altre, che sarebbero venute nella vocazione santa, nella quale il Signore ci ha chiamate.

Con quanta sollecitudine, dunque, con quando zelo di mente e di corpo dobbiamo osservare i comandamenti di Dio e del nostro Padre, per poter restituire, con l'aiuto di Dio, moltiplicato il talento! Il Signore stesso, infatti, ci ha poste come forma in esempio e specchio non solo per gli altri, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore chiamerà, affinché anch'esse siano di specchio e d'esempio a coloro che vivono nel mondo. Poiché dunque il Signore ci ha chiamate a cose tanto grandi, cosicché coloro che sono date come specchio ed esempio agli altri, possano rispecchiarsi in noi, siamo molto tenute a benedire e a lodare Dio e a corroborarci ancor di più per fare il bene nel Signore. Perciò, se vivremo secondo la forma predetta, lasceremo agli altri un nobile esempio e acquisteremo il premio della beatitudine eterna con una fatica brevissima.

Dopo che l'altissimo Padre celeste si fu degnato, per sua misericordia e per sua grazia, d'illuminare il mio cuore, perché secondo l'esempio e la dottrina del beatissimo padre nostro Francesco facessi penitenza, poco dopo la sua conversione, insieme con poche sorelle che il Signore mi aveva dato poco dopo la conversione mia, promisi a lui volontariamente obbedienza, come il Signore ci aveva conferito il lume della sua grazia per mezzo della sua vita mirabile e della sua mirabile dottrina. Il beato Francesco poi, considerando che, pur essendo fragili e deboli secondo il corpo, tuttavia non ricusavamo nessuna necessità, nessuna povertà, nessuna fatica, nessuna tribolazione o deprezzamento e disprezzo del mondo, ché anzi li consideravamo come grandi delizie, come frequentemente egli ci aveva esaminate secondo gli esempi dei santi e dei suoi frati, si rallegrò molto nel Signore; e mosso a pietà verso di noi, si obbligò con noi di avere da se stesso e per mezzo della sua religione, cura diligente e sollecitudine speciale per noi come per i suoi frati.

E così, per volontà di Dio e del nostro beatissimo padre Francesco, andammo alla chiesa di San Damiano per dimorarvi, dove il Signore in breve tempo, per sua misericordia e grazia ci moltiplicò, perché si adempisse ciò che il Signore aveva predetto per mezzo del suo santo. Infatti, prima, ci eravamo trattenute in altro luogo, benché per poco.

Poi scrisse per noi una forma di vita e massimamente perché perseverassimo sempre nella santa povertà. Né si accontentò, durante la sua vita, di esortarci con molti sermoni ed esempi all'amore della santissima povertà e alla sua osservanza, ma ci trasmise molti scritti, affinché dopo la sua morte non ci scostassimo per nulla da essa, come il Figlio di Dio, mentre visse nel mondo, non volle mai allontanarsi dalla medesima santa povertà. E il beatissimo padre nostro Francesco, avendo imitato le sue vestigia, la sua santa povertà, che scelse per sé e per i suoi frati, finché visse, non si scostò affatto da essa, con il suo esempio e la sua dottrina.

Io, dunque, Chiara, ancella, benché indegna, del Cristo e delle sorelle povere del monastero di San Damiano, e pianticella del santo padre, considerando con le mie altre sorelle la nostra così alta professione e il comando di un tale padre, e anche la fragilità delle altre, che noi temevamo in noi stesse dopo il trapasso del nostro santo padre Francesco, che era la nostra colonna, la nostra unica consolazione dopo Dio e il nostro appoggio, ancora e ancora ci siamo volontariamente obbligate alla nostra santissima madonna povertà, cosicché dopo la mia morte le sorelle, che sono e che verranno, non possano in alcun modo scostarsi da essa.

E come io fui sempre zelante e sollecita nell'osservare e nel fare osservare dalle altre la santa povertà che abbiamo promesso al Signore e al nostro padre il beato Francesco, così quelle che mi succederanno nell'ufficio siano tenute sino alla fine a osservare con l'aiuto di Dio e a far osservare la santa povertà. Anzi, per maggiore precauzione, fui sollecita a far corroborare la nostra professione della santissima povertà, che abbiamo promessa al Signore e al nostro beatissimo padre, con dei privilegi del signor papa Innocenzo, al tempo del quale noi cominciammo, e dei suoi successori, affinché in nessun momento ci scostiamo in alcun modo da essa.

Perciò, piegate le ginocchia e inclinato l'uno e l'altro uomo, raccomando tutte le mie sorelle che sono e che verranno, alla santa madre Chiesa Romana, al sommo pontefice e in particolare al signor cardinale che è stato deputato alla religione dei Frati Minori e a noi,

affinché per amore di quel Dio,che povero fu posato nel presepe,povero visse nel mondo e nudo rimase sul patibolo,

faccia che sempre il suo piccolo gregge, che il Signor Padre ha generato nella sua santa Chiesa per mezzo della parola e dell'esempio del nostro beatissimo padre san Francesco per seguire la povertà e l'umiltà del suo Figlio diletto e della gloriosa Vergine, sua madre. osservi la santa povertà che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre san Francesco, e che si degni sempre di incoraggiarle e conservarle.

E come il Signore ci diede il nostro beatissimo padre Francesco come fondatore, piantatore e nostro aiuto nel servizio del Cristo e in ciò che abbiamo promesso al Signore e al nostro beato padre, il quale pure, mentre visse, fu sollecito con la parola e l'opera a coltivare accuratamente e favorire sempre noi, pianticella sua, così io raccomando e lascio le mie sorelle, che sono e che verranno, al successore del beatissimo padre nostro Francesco e a tutta la religione, affinché ci siano sempre di aiuto nel progredire in meglio per servire Dio e soprattutto per osservare meglio la santissima povertà.

Se poi accadesse che in qualche tempo le dette sorelle lasciassero il detto luogo e si trasferissero in un altro siano tenute, dopo la mia morte, dovunque siano, a osservare la predetta forma di povertà, che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre Francesco.

Tuttavia, colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, come pure le altre, sia sollecita e previdente, affinché riguardo al luogo suddetto, non acquistino o non ricevano di terra, se non tanto quanto lo esige l'estrema necessità per un orto da coltivare a ortaggi. E se da qualche parte per l'onestà e il ritiro del monastero, occorresse aver più terra fuori della cinta dell'orto, non permettano che sia acquistata e nemmeno che ne ricevano di più di quanto non lo esiga l'estrema necessità. E quella terra non venga affatto lavorata, né seminata, ma rimanga sempre come sodaglia incolta.

Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle, che sono e che verranno, perché attendano con ardore a imitare la via della santa semplicità, umiltà, povertà e anche l'onestà della santa conversazione, come fin dall'inizio della nostra conversione siamo state ammaestrate accuratamente dal Cristo e dal nostro beatissimo padre il beato Francesco. Dalle quali sparse l'odore della buona fama, tanto a quelli che sono lontani quanto a quelli che sono vicini, lo stesso Padre delle misericordie non per i nostri meriti, ma per la sola misericordia e grazia di largitore. E amandovi le une le altre della carità del Cristo, dimostrate fuori per mezzo delle opere, l'amore che avete dentro, cosicché, provocate da tale esempio, le sorelle crescano sempre nell'amore di Dio e nella mutua carità.

Prego anche colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, perché attenda con ardore a precedere le altre piuttosto nelle virtù e nei santi costumi che nell'ufficio, in tal maniera che le sue sorelle, provocate dal suo esempio, non obbediscano tanto per l'ufficio quanto per amore. Sia anche previdente e discreta riguardo alle sue sorelle, come una buona madre verso le sue figlie, e specialmente si adoperi con zelo a provvedere loro secondo la necessità di ciascuna, con le elemosine che il Signore darà. Sia anche tanto benigna e affabile, che possano manifestare le loro necessità con sicurezza e ricorrere a lei in ogni ora con confidenza, come sembrerà loro espendiente, tanto per sé che per le loro sorelle.

Le sorelle poi che sono suddite si ricordino di avere rinnegato, per Dio, le proprie volontà. Perciò voglio che obbediscano alla loro madre, di loro spontanea volontà, come hanno promesso al Signore, cosicché la loro madre, vedendo la carità, l'umiltà, e l'unità che hanno reciprocamente, porti più lievemente l'onere che per causa dell'ufficio sopporta, e per la loro santa conversazione, ciò che è molesto e amaro le si muti in dolcezza.

E perché stretti sono la via e il sentiero, e angusta la porta per la quale si va e si entra nella vita, pochi sono anche coloro che camminano e entrano per essa. E se ci sono alcuni che per qualche tempo vi camminano, pochissimi sono quelli che in essa perseverano. Ma sono beati coloro ai quali è dato di camminare per essa e perseverare fino alla fine.

Badiamo dunque che, se siamo entrate nella via del Signore, che per colpa nostra e ignoranza, non abbiamo da scostarcene in nessuna maniera in nessun tempo, affinché non abbiamo da recare ingiuria a tanto Signore e alla sua Vergine madre e al padre nostro beato Francesco, alla Chiesa trionfante e anche militante. E' scritto infatti: Maledetti coloro che si scostano dai tuoi comandamenti.

Perciò piego le mie ginocchia al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, affinché, con l'appoggio dei meriti della gloriosa Vergine santa Maria madre sua e del nostro beatissimo padre Francesco e di tutti i santi, il Signore stesso, che ha dato un buon principio, dia la crescita e dia anche la perseveranza finale.

Amen.


Questo scritto, perché meglio debba essere osservato, lo lascio a voi, carissime e dilette sorelle mie, presenti e venture, in segno della benedizione del Signore e del beatissimo padre nostro Francesco e della benedizione mia, vostra madre e ancella.

torna su

Clarisse Assisi

 Lettera a Ermentrude di Bruges

 

1 A Ermentrude, sorella carissima, Chiara d'Assisi, umile ancella di Gesù Cristo, augura salute e pace.

2 Ho appreso, sorella carissima, che, con l'aiuto della grazia del Signore, sei fuggita dal fango di questo mondo; 3 ne provo grande allegrezza e mi congratulo con te; e ancor più grande è la mia gioia, perché so che tu e le tue figlie con coraggio camminate nella via della virtù.

4 Rimani, dunque, o carissima, fedele fino alla morte a Colui, al quale ti sei legata per sempre. E certamente sarai da Lui coronata con la corona della vita (Gc 1,12). 5 Il tempo della fatica quaggiù è breve, ma la ricompensa (Cfr. Sap 10,17; Sir 18,22) è eterna. Non ti abbaglino gli splendori del mondo, che passa come ombra (Gb 14,2). 6 Non ti sorprendano le vuote immagini di questo mondo ingannatore; chiudi le tue orecchie ai sibili dell'inferno e spezza da forte le sue tentazioni. 7 Sostieni di buona voglia le avversità e la superbia non gonfi il tuo cuore nelle cose prospere; queste ti richiamano alla tua fede, quelle la richiedono.

8 Rendi fedelmente a Dio quello che hai promesso con voto (Cfr. Sal 75,12), ed Egli ti darà la ricompensa. 9 Alza i tuoi occhi al cielo, o carissima, poiché è un invito per noi, e prendi la croce e segui (Cfr. Lc 9,23) Cristo che ci precede. 10 Poiché dopo molte e varie tribulazioni, è Lui che ci introdurrà nella sua gloria (Ap 14,21; Lc 24,26). 11 Ama con tutto il cuore Dio (Dt 11,1; Lc 10,27; 1Cor 16,22)), e Gesù, suo Figlio crocifisso per noi peccatori, e non cada mai dalla tua mente il ricordo di Lui. 12 Medita senza stancarti il mistero della croce e i dolori della Madre ritta ai piedi della croce (Cfr. Gv 19,25).

13 Sii sempre attenta e vigile nella preghiera (Cfr. Mt 26,41). 14 Porta alla sua consumazione il bene che hai incominciato, e adempi (Cfr. 2Tm 4,5-7) il mistero che hai abbracciato in santa povertà e in umiltà sincera.

15 Non temere, o figlia: Dio che è fedele in tutta le sua promesse e santo nelle sue opere (Sal 144,13), effonderà su di te e su tutte le tue figlie la benedizione copiosa. 16 Egli sarà il vostro aiuto, il vostro insuperabile conforto, come è il nostro Redentore e la nostra eterna ricompensa.

17 Preghiamo Dio l'una per l'altra  (Gc 5,16), e così, portando il giogo della carità vicendevole, con facilità adempiremo la legge di Cristo (Gal 6,2). Amen

 

 torna su

Clarisse Assisi

Privilegio della Povertà

Gregorio Vescovo, servo dei servi di Dio, alle dilette figlie in Cristo Chiara e alle altre ancelle di Cristo, viventi in comune presso la chiesa di San Damiano, nella diocesi di Assisi, salute e apostolica benedizione.

E' noto che, volendo voi dedicarvi unicamente al Signore, avete rinunciato alla brama di beni terreni. Perciò, venduto tutto e distribuitolo ai poveri, vi proponete di non avere possessioni di sorta, seguendo in tutto le orme di colui che per noi si è fatto povero, e via e verità e vita. Né, in questo proposito, vi spaventa la privazione di tante cose: perché la sinistra dello sposo celeste è sotto il vostro capo, per sorreggere la debolezza del vostro corpo, che con carità bene ordinata avete assoggettato alla legge dello spirito.

E infine, colui che nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli del campo, non vi farà mancare né il vitto né il vestito, finché nella vita eterna passerà davanti a voi e vi somministrerà se stesso, quando cioè la sua destra vi abbraccerà con gioia più grande, nella pienezza della sua visione.

Secondo la vostra supplica, quindi, confermiamo col beneplacito apostolico, il vostro proposito di altissima povertà, concedendovi con l'autorità della presente lettera che nessuno vi possa costringere a ricevere possessioni.

Pertanto a nessuno, assolutamente, sia lecito invalidare questa scrittura della nostra concessione od opporvisi temerariamente. Se qualcuno poi presumesse di attentarlo, sappia che incorrerà nell'ira di Dio onnipotente e dei beati apostoli Pietro e Paolo.

Dato a Perugia il 17 settembre, l'anno secondo del nostro Pontificato.

torna su

Clarisse Assisi

CLARISSE ASSISI

 

TESTAMENTO DI SANTA CHIARA : Nel nome del Signore. Amen.   

Fra gli altri benefici, che dal nostro largitore Padre delle misericordie abbiamo ricevuto e ogni giorno riceviamo e per cui dobbiamo maggiormente ringraziare il glorioso Padre del Cristo, c'è la nostra vocazione, la quale quanto più perfetta e grande, tanto più gli dobbiamo. Donde l'Apostolo: Riconosci la tua vocazione. Il Figlio di Dio si è fatto per noi via, che con la parola e l'esempio ci ha mostrato e insegnato il nostro beatissimo Padre Francesco, vero suo amatore e imitatore.

Dobbiamo dunque considerare, sorelle dilette, gl'immensi benefici di Dio in noi accumulati, ma tra gli altri, quelli che per mezzo del suo servo diletto, il padre nostro beato Francesco, Dio si è degnato di operare in noi, non solo dopo la nostra conversione, ma anche mentre eravamo nella misera vanità del mondo. Infatti, quando lo stesso santo non aveva ancora né fratelli né compagni, quasi subito dopo la sua conversione, mentre edificava la chiesa di San Damiano, dove totalmente visitato dalla consolazione divina, fu spinto ad abbandonare del tutto il mondo, per grande letizia e illuminazione dello Spirito Santo profetò riguardo a noi, ciò che poi il Signore adempì.

Salendo infatti in quel tempo sopra il muro di detta chiesa, ad alcuni poveri, che sostavano là vicino, ad alta voce diceva in lingua francese: Venite e aiutatemi nell'opera del monastero di San Damiano, perché vi saranno ivi delle donne, con la vita famosa e la santa conversazione delle quali il nostro Padre celeste sarà glorificato in tutta la sua Chiesa.

In ciò dunque possiamo considerare la copiosa benignità di Dio in noi, che per la sua abbondante misericordia e carità si è degnato di dire queste cose per mezzo del suo santo, riguardo alla nostra vocazione ed elezione. E non soltanto riguardo a noi il nostro beatissimo padre Francesco profetò queste cose, ma anche riguardo alle altre, che sarebbero venute nella vocazione santa, nella quale il Signore ci ha chiamate.

Con quanta sollecitudine, dunque, con quando zelo di mente e di corpo dobbiamo osservare i comandamenti di Dio e del nostro Padre, per poter restituire, con l'aiuto di Dio, moltiplicato il talento! Il Signore stesso, infatti, ci ha poste come forma in esempio e specchio non solo per gli altri, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore chiamerà, affinché anch'esse siano di specchio e d'esempio a coloro che vivono nel mondo. Poiché dunque il Signore ci ha chiamate a cose tanto grandi, cosicché coloro che sono date come specchio ed esempio agli altri, possano rispecchiarsi in noi, siamo molto tenute a benedire e a lodare Dio e a corroborarci ancor di più per fare il bene nel Signore. Perciò, se vivremo secondo la forma predetta, lasceremo agli altri un nobile esempio e acquisteremo il premio della beatitudine eterna con una fatica brevissima.

Dopo che l'altissimo Padre celeste si fu degnato, per sua misericordia e per sua grazia, d'illuminare il mio cuore, perché secondo l'esempio e la dottrina del beatissimo padre nostro Francesco facessi penitenza, poco dopo la sua conversione, insieme con poche sorelle che il Signore mi aveva dato poco dopo la conversione mia, promisi a lui volontariamente obbedienza, come il Signore ci aveva conferito il lume della sua grazia per mezzo della sua vita mirabile e della sua mirabile dottrina. Il beato Francesco poi, considerando che, pur essendo fragili e deboli secondo il corpo, tuttavia non ricusavamo nessuna necessità, nessuna povertà, nessuna fatica, nessuna tribolazione o deprezzamento e disprezzo del mondo, ché anzi li consideravamo come grandi delizie, come frequentemente egli ci aveva esaminate secondo gli esempi dei santi e dei suoi frati, si rallegrò molto nel Signore; e mosso a pietà verso di noi, si obbligò con noi di avere da se stesso e per mezzo della sua religione, cura diligente e sollecitudine speciale per noi come per i suoi frati.

E così, per volontà di Dio e del nostro beatissimo padre Francesco, andammo alla chiesa di San Damiano per dimorarvi, dove il Signore in breve tempo, per sua misericordia e grazia ci moltiplicò, perché si adempisse ciò che il Signore aveva predetto per mezzo del suo santo. Infatti, prima, ci eravamo trattenute in altro luogo, benché per poco.

Poi scrisse per noi una forma di vita e massimamente perché perseverassimo sempre nella santa povertà. Né si accontentò, durante la sua vita, di esortarci con molti sermoni ed esempi all'amore della santissima povertà e alla sua osservanza, ma ci trasmise molti scritti, affinché dopo la sua morte non ci scostassimo per nulla da essa, come il Figlio di Dio, mentre visse nel mondo, non volle mai allontanarsi dalla medesima santa povertà. E il beatissimo padre nostro Francesco, avendo imitato le sue vestigia, la sua santa povertà, che scelse per sé e per i suoi frati, finché visse, non si scostò affatto da essa, con il suo esempio e la sua dottrina.

Io, dunque, Chiara, ancella, benché indegna, del Cristo e delle sorelle povere del monastero di San Damiano, e pianticella del santo padre, considerando con le mie altre sorelle la nostra così alta professione e il comando di un tale padre, e anche la fragilità delle altre, che noi temevamo in noi stesse dopo il trapasso del nostro santo padre Francesco, che era la nostra colonna, la nostra unica consolazione dopo Dio e il nostro appoggio, ancora e ancora ci siamo volontariamente obbligate alla nostra santissima madonna povertà, cosicché dopo la mia morte le sorelle, che sono e che verranno, non possano in alcun modo scostarsi da essa.

E come io fui sempre zelante e sollecita nell'osservare e nel fare osservare dalle altre la santa povertà che abbiamo promesso al Signore e al nostro padre il beato Francesco, così quelle che mi succederanno nell'ufficio siano tenute sino alla fine a osservare con l'aiuto di Dio e a far osservare la santa povertà. Anzi, per maggiore precauzione, fui sollecita a far corroborare la nostra professione della santissima povertà, che abbiamo promessa al Signore e al nostro beatissimo padre, con dei privilegi del signor papa Innocenzo, al tempo del quale noi cominciammo, e dei suoi successori, affinché in nessun momento ci scostiamo in alcun modo da essa.

Perciò, piegate le ginocchia e inclinato l'uno e l'altro uomo, raccomando tutte le mie sorelle che sono e che verranno, alla santa madre Chiesa Romana, al sommo pontefice e in particolare al signor cardinale che è stato deputato alla religione dei Frati Minori e a noi,

affinché per amore di quel Dio,che povero fu posato nel presepe,povero visse nel mondo e nudo rimase sul patibolo,

faccia che sempre il suo piccolo gregge, che il Signor Padre ha generato nella sua santa Chiesa per mezzo della parola e dell'esempio del nostro beatissimo padre san Francesco per seguire la povertà e l'umiltà del suo Figlio diletto e della gloriosa Vergine, sua madre. osservi la santa povertà che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre san Francesco, e che si degni sempre di incoraggiarle e conservarle.

E come il Signore ci diede il nostro beatissimo padre Francesco come fondatore, piantatore e nostro aiuto nel servizio del Cristo e in ciò che abbiamo promesso al Signore e al nostro beato padre, il quale pure, mentre visse, fu sollecito con la parola e l'opera a coltivare accuratamente e favorire sempre noi, pianticella sua, così io raccomando e lascio le mie sorelle, che sono e che verranno, al successore del beatissimo padre nostro Francesco e a tutta la religione, affinché ci siano sempre di aiuto nel progredire in meglio per servire Dio e soprattutto per osservare meglio la santissima povertà.

Se poi accadesse che in qualche tempo le dette sorelle lasciassero il detto luogo e si trasferissero in un altro siano tenute, dopo la mia morte, dovunque siano, a osservare la predetta forma di povertà, che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre Francesco.

Tuttavia, colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, come pure le altre, sia sollecita e previdente, affinché riguardo al luogo suddetto, non acquistino o non ricevano di terra, se non tanto quanto lo esige l'estrema necessità per un orto da coltivare a ortaggi. E se da qualche parte per l'onestà e il ritiro del monastero, occorresse aver più terra fuori della cinta dell'orto, non permettano che sia acquistata e nemmeno che ne ricevano di più di quanto non lo esiga l'estrema necessità. E quella terra non venga affatto lavorata, né seminata, ma rimanga sempre come sodaglia incolta.

Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle, che sono e che verranno, perché attendano con ardore a imitare la via della santa semplicità, umiltà, povertà e anche l'onestà della santa conversazione, come fin dall'inizio della nostra conversione siamo state ammaestrate accuratamente dal Cristo e dal nostro beatissimo padre il beato Francesco. Dalle quali sparse l'odore della buona fama, tanto a quelli che sono lontani quanto a quelli che sono vicini, lo stesso Padre delle misericordie non per i nostri meriti, ma per la sola misericordia e grazia di largitore. E amandovi le une le altre della carità del Cristo, dimostrate fuori per mezzo delle opere, l'amore che avete dentro, cosicché, provocate da tale esempio, le sorelle crescano sempre nell'amore di Dio e nella mutua carità.

Prego anche colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, perché attenda con ardore a precedere le altre piuttosto nelle virtù e nei santi costumi che nell'ufficio, in tal maniera che le sue sorelle, provocate dal suo esempio, non obbediscano tanto per l'ufficio quanto per amore. Sia anche previdente e discreta riguardo alle sue sorelle, come una buona madre verso le sue figlie, e specialmente si adoperi con zelo a provvedere loro secondo la necessità di ciascuna, con le elemosine che il Signore darà. Sia anche tanto benigna e affabile, che possano manifestare le loro necessità con sicurezza e ricorrere a lei in ogni ora con confidenza, come sembrerà loro espendiente, tanto per sé che per le loro sorelle.

Le sorelle poi che sono suddite si ricordino di avere rinnegato, per Dio, le proprie volontà. Perciò voglio che obbediscano alla loro madre, di loro spontanea volontà, come hanno promesso al Signore, cosicché la loro madre, vedendo la carità, l'umiltà, e l'unità che hanno reciprocamente, porti più lievemente l'onere che per causa dell'ufficio sopporta, e per la loro santa conversazione, ciò che è molesto e amaro le si muti in dolcezza.

E perché stretti sono la via e il sentiero, e angusta la porta per la quale si va e si entra nella vita, pochi sono anche coloro che camminano e entrano per essa. E se ci sono alcuni che per qualche tempo vi camminano, pochissimi sono quelli che in essa perseverano. Ma sono beati coloro ai quali è dato di camminare per essa e perseverare fino alla fine.

Badiamo dunque che, se siamo entrate nella via del Signore, che per colpa nostra e ignoranza, non abbiamo da scostarcene in nessuna maniera in nessun tempo, affinché non abbiamo da recare ingiuria a tanto Signore e alla sua Vergine madre e al padre nostro beato Francesco, alla Chiesa trionfante e anche militante. E' scritto infatti: Maledetti coloro che si scostano dai tuoi comandamenti.

Perciò piego le mie ginocchia al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, affinché, con l'appoggio dei meriti della gloriosa Vergine santa Maria madre sua e del nostro beatissimo padre Francesco e di tutti i santi, il Signore stesso, che ha dato un buon principio, dia la crescita e dia anche la perseveranza finale.

Amen.


Questo scritto, perché meglio debba essere osservato, lo lascio a voi, carissime e dilette sorelle mie, presenti e venture, in segno della benedizione del Signore e del beatissimo padre nostro Francesco e della benedizione mia, vostra madre e ancella.

torna su

Clarisse Assisi

Bolla di Canonizzazione di Santa Chiara Vergine Clara claris praeclara

Alessandro vescovo, servo dei servi di Dio, a tutti i venerabili fratelli arcivescovi e vescovi, salute e apostolica benedizione.

  1. Chiara, luminosa per chiari meriti, risplende in cielo per chiarità di gloria e in terra rigulge dello splendore di miracoli sublimi. Brilla, quaggiù in terra, l'austero ed alto Ordine fondato da Chiara, e lassù in cielo irradia splendore la grandezza del premio eterno; e la sua potenza abbaglia i mortali per miracoli meravigliosi.

    A questa Chiara si intitolò in terra il privilegio della più rigida povertà; a lei in cielo è dato in ricompensa un inestimabile profluvio di tesori ed ètributata dai credenti universale devozione ed immenso onore.

    La pienezza della luce divina rende luminosa Chiara in cielo; le stupende meraviglie dei prodigi da lei operati la fanno risplendere quaggiù al popolo cristiano.

  2. O Chiara dotata di tali e tante prerogative di chiarezza! Sei stata, invero, chiara prima della tua conversione, più chiara nel tuo cambiamento di vita, luminosa nella tua vita claustrale, splendente infine di luce vivissima dopo ilcorso della presente esistenza!

    Da Chiara spuntò per il mondo un chiaro specchio di esempio; nel gaudio del cielo ella porge il fragrante giglio della verginità, e in terra si sperimenta in modo evidente il soccorso della sua protezione.

  3. O meravigliosa e beata chiarezza di Chiara! Quanto maggiore èl'amore e la cura con cui si indaga questa luminosità nei singoli fatti particolari, tanto più luminosa la si riscontra in ciascuno!

    Ella veramente rifulse mentre viveva nel mondo, ma più vivida risplendette nella vita religiosa; brillò come raggio nella sua casa paterna, ma nel chiostro irradiò come un sole. Scintillò in vita, ma dopo morte splende radiosa; fu chiara in terra, ma in cielo rifulge di immenso chiarore.

  4. Quanto vivida èla potenza di questa luce e quanto forte èil chiarore di questa fonte luminosa!

    Invero, questa luce si teneva chiusa nel nascondimento della vita caustrale, e fuori irradiava bagliori luminosi; si raccoglieva in un angusto monastero, e fuori si spandeva quanto èvasto il mondo.

    Si custodiva dentro: e si diffondeva fuori. Chiara, infatti, si nascondeva: ma la sua vita era nota a tutti.

    Chiara taceva: ma la sua fama gridava.

    Si teneva nascosta nella sua cella: eppure nelle città si predicava di lei.

  5. Nulla di strano in questo: perché non poteva avvenire che una lampada tanto vivida, tanto splendente rimasse occulta senza diffondere luce ed emanare chiaro lume nella casa del Signore; né poteva rimanere nascosto un vaso con tanti aromi, senza emanare fragranza e cospargere di soave profumo la casa del Signore. Ché anzi, spezzando duramente nell'angusta solitudine della sua cella l'alabastro del suo corpo, riempiva deglia aromi della sua santità l'intero edificio della Chiesa.

  6. Invero, vivendo essa ancora fanciulla nella vita secolare, fin dalla più tenera età si studiò di varcare per un sentiero di purezza questo mondo fragile e impuro; e sempre custodendo il prezioso tesoro della sua verginità con illibato pudore, si dedicava assiduamente ad opere di carità e di pietà, sì che la sua fama si diffondeva grata ed encomiabile presso vicini e lontani: finché il beato Francesco, udito l'elogio della sua virtù, prese tosto ad esortarla inducendola al perfetto servizio di Cristo.

  7. Ed ella, accogliendo pronta i suoi santi consigli e desiderando ormai rinunciare completamente al mondo e ai beni della terra per servire il Signore solamente in povertà volontaria, quanto prima poté mandò ad effetto questo suo ardente desiderio.

    E infine tutti i suoi beni alienò e distribuì a profitto dei poveri,per dispensare in elemosina, per amore di Cristo, quanto era di sua proprietà.

  8. Volendo poi ritratarsi dal frastuono del mondo, si recò fuggendo in una chiesa campestre, dove dallo stesso beato Francesco ricevette la sacra tonsura, da lì si rifugiò poi in un'altra chiesa. Avvene in quel luogo che, sforzandosi i suoi parenti di ricondurla via con loro, ella resistette con fortezza e costanza; abbracciò subitamente l'altare e, tenedosi stretta alle tovaglie, scoprì ad essi il capo tonsurato, volendo con ciò manifestare che, essendosi ormai, con tutto il cuore, sposata a Dio, non poteva permettere che la si strappasse dal servizio di Cristo.

  9. Infine, essendose portata per intervento dello stesso beato Francesco presso la chiesa di San Damiano, fuori della città di Assisi, nella quale terra aveva avuto i natali, lì il Signore, desiderando amore e culto assiduo del suo nome, le associò molte compagne.

    Da qui, invero, trasse salutare origine l'insigne e santo Ordine di San Damiano, già ampiamente diffuso per il mondo. Qui Chiara, per esortazione dello stesso beato Francesco, diede principio a questa nuova e santa osservanza; ella fu il primo e stabile fondamento di questo grande Ordine; fu la pietra angolare di questo sublime edificio;

  10. Nobile di sangue, ma più nobile per la sua vita, conservò sotto questa regola di meravigliosa santità, la verginità, che già prima aveva custodita.

    In seguito anche sua madre, di nome Ortolana, tutta dedita ad opere di pietà, seguendo i passi della figlia, abbracciò devotamente in quest'Ordine la vita religiosa: nel qual, appunto, questa ottima ortolana, che aveva generato tale pianta nel campo del Signore, chiuse felicemente i suoi giorni.

  11. Dopo qualche anno, invero, la beata Chiara, piegandosi all'insistenza di san Francesco, accettò il governo del monastero e delle sorelle.

    Questa fu l'albero alto, proteso verso il cielo, dai rami dilatati, che nel campo della Chiesa produsse soavi frutti di religione, e alla cui ombra piacevole e amena molte seguaci accorsero da ogni parte, e tuttora accorrono per gustarne i frutti.

    Questa fu la nuova donna della valle Spoletana, che aprì una novella sorgente di acqua vitale ristoro e beneficio delle anime, la quale, già diramatasi per vari ruscelli nel territorio della Chiesa, rese prospero il vivaio della religione.

  12. Questa fu l'eccelso candelabro di sanctità, che rigulge vividamente nel tabernacolo del Signore; al cui grande splendore accorsero, attratte, e tuttora accorrono moltissime, per accendere a quel lume le loro lampade. Questa, per vero, piantò nel campo della fede e coltivò la vigna della povertà, dalla quale si raccolgono pingui e copiosi frutti di salvezza.

    Questa, nel territorio della Chiesa, coltivò il giardino dell'umiltà, adorno di ogni specie di povertà, nel quale fiorisce in abbondanza ogni virtù.

  13. Questa fabbricò nella cittadella della religione una rocca di rigorosa astinenza, in cui si dispensa larga refezione di alimento spirituale. Questa fu la prima dei poveri, la guida degli umili, la maestra dei casti, l'abbadessa delle penitenti. Questa governò il suo monastero e la famiglia a lei affidata con ogni sollecitudine e prudenza, nel timore e nel servizio del Signore e secondo la perfetta osservanza dell'Ordine.

    Vigilante nel dovere, premurosa nell'adempimento del servizio a lei affidato, cauta nelle esortazioni, caritatevole nell'ammonire; nel correggere moderata, temperata nel comando, ammirevole per compassione, discreta nel tacere, assenata nel parlare e accorta in tutto quanto concerne il saggio governo; desiderosa più di servire che di comandare, e di onorare le altre, più che di essere onorata.

  14. La sua vita era per le altre ammaestramento e scuola di sapienza. In questo libro di vita, tutte le altre appresero la loro regola di vita, in questo specchi di vita, tutte videro riflesso il sentiero della vita.

    Col corpo, infatti, era pellegrina sulla terra, ma con lo spirito dimorava in cielo; fu vasello di umiltà, arca di castità, fuoco di carità, dolcezza di bontà, fortezza di pazienza, mediatrice di pace e comunione d'amicizia: mite nelle parole, dolce nell'azione e in tutto amabile e gradita.

  15. Affinché, franto il corpo, diventasse più forte lo spirito - poiché ciascuno, appunto, diventa più forte quando èindebolito il suo nemico - aveva per letto la terra nuda e qualche volta dei sarmenti, e per guanciale un duro legno sotto il capo; era contenta di un'unica tonaca con un mantello di vile, rozzo ed ispido panno grossolano: e mentre con così umili vesti copriva il suo corpo, sulla nuda carne si cingeva talora di un aspro cilicio intrecciato con cordicelle di crine di cavallo.

    Parca nel cibo e sobria nel bere, a tale austerità giungeva la sua astinenza, che per lungo tempo in tre giorni della settimana, cioèil lunedì, il mercoledì e il venerdì non prendeva affatto alcun cibo a sostegno del corpo, e nondimeno negli altri giorni a tal punto si riduceva la quantità di alimento, che le altre si meravigliavano di come potesse reggersi con un rigore di tale genere.

  16. Assidua inoltre nelle veglie e intenta alla preghiera, in questo soprattutto spendeva la maggior parte del giorno e della notte.

    Travagliata, infine, da prolungate malattie, così che non le era dato di levarsi da se stessa per le occupazioni manuali, si faceva sollevare con l'aiuto delle sue sorelle e, sorretta alle spalle da appositi sostegni, lavorava con le sue mani così da non stare oziosa neppure nell'infermità-

    Onde di quella tela di lino, frutto del suo amoroso lavoro, fece fare molti corporali per il sacrificio dell'altare e li fece distribuire per diverse chiese nella piana e per i monti di Assisi.

  17. Fu soprattutto, però, un'innamorata e un'indefessa seguace della povertà; e tanto fissò al suo cuore questa virtù, tanto fu avvinta dal desiderio di possederla, che amandola sempre fermamente e sempre più ardendo nell'abbracciarla, mai si scostò per nessuna ragione dalla sua stretta e piacevole unione. E mai da alcuno, in nessun modo, poté essere persuasa ad acconsentire che il suo monastero possedesse qualche proprietà: quantunque papa Gregorio, di felice memoria, nostro predecessore, volendo fosse intenzionato a dotarlo di possessioni sufficienti ed adeguate al sostentamento delle sorelle.

  18. E per vero, poiché una luce grande e fulgida non può rimanere occultata senza irradiare chiarore, così anche durante la sua vita la potenza della sua santità rifulse in molti e svariati miracoli.

    Infatti, ad una delle sorelle del suo monastero restituì la voce, che aveva perso quasi completamente da lungo tempo; ad un'altra, priva del tutto dell'uso della lingua, rese sciolta la parola.

    Ad un'altra riaprì all'udito un orecchio affetto da sordità. Conun semplice segno di croce, ne risanò un'altra dalla febbre; un'altra enfiata per idropisia; un'altra ancora piagata da fistola e molte altre oppresse da diversi mali. E guarì un frate dell'Ordine dei Minori affetto da pazzia.

  19. Una volta, poi, essendo venuto a mancare completamente in monastero l'olio, ella, fatto chiamare il frate che era addetto a questuare elemosine per il monastero, prese un orciolo e, dopo averlo lavato, lo collocò vuoto accanto alla porta del monastero, perché il frate lo portasse con sé per questuare l'olio.

    Ma, allorché tale frate andò per prenderlo, lo trovò colmo di olio, elargito per grazia della carità divina.

  20. E ancora, non essendovi un altro giorno in tutto il monastero se non mezzo pane per il pasto delle sorelle, comandò che quel mezzo pane fosse tagliato a pezzettini e dispensato alle sorelle.

    Ma colui che èil pane vivo e provvede il cibo agli affamati, lo moltiplicò in modo tale fra le mani di colei che lo sminuzzava, che ne furono fatte cinquanta abbondanti porzioni e vennero dispensate alle sorelle già assise a mensa.

  21. Per questi ed altri stupendi miracoli, manifestò, ancora vivente, l'eccellenza dei suoi meriti. Mentre poi si trovava agli estremi, fu visto entrare nel luogo dove la serva di Cristo giaceva, un luminoso stuolo di beate vergini, adorne di corone splendenti, tra le quali una appariva più maestosa e più bella delle altre. Esse avanzarono fino al lettuccio di lei, e attorniandola, le prestarono quasi sollievo di visitatrici e conforto di consolazione, con premurosa cura.

  22. Dopo la sua morte, poi, fu condotto al suo sepolcro un malato di mal caduco, che non poteva camminare da sé per la contrazione di una gamba: e, lì davanti, la sua gamba risuonò fragorosamente, ed egli fu guarito dall'una e dall'altra infermità.

    Si videro persone incurvate nella schiena, rattrappite per malattia, pazzi furiosi in preda ad eccessi di demenza, riacquistare al sepolcro di lei perfetta sanità.

    Un tale che, per un grave colpo aveva perduto l'uso della mano destra, a tal punto che, resa del tutto inutile, non la poteva adoperare in alcun modo, per i meriti della Santa riacquistò completa sanità, riottenendo la sua mano come era prima.

    Un altro, che aveva perso al vista ed era da lungo tempo cieco, venuto al medesimo sepolcro accompagnato da un altro, vi ricuperò la vista e se ne ritornò senza bisogno di guida.

  23. Per questi e per moltissimi altri fatti e meravigliosi miracoli, questa beata vergine diffuse luminoso chiarore, così che in lei si vide evidentemente avverata quella profezia che sua madre udì, a quanto dice, mentre pregava gravida di lei: che cioèavrebbe partorito una luce tale da rischiarare grandemente l'universo.

  24. Gioisca, dunque, la madre Chiesa, per aver generato ed educato una tale figlia, la quale, come madre feconda di tutte le virtù, generò alla religione, con la virtù dei suoi esempi, un gran numero di discepole, e con il suo compiuto ammaestramento, le formò al perfetto servizio di Cristo.

    Ne gioisca anche la turba devota dei fedeli, perché il Re e Signore dei cieli ha introdotto con tanta gloria nel suo eccelso e splendente palazzo la loro sorella e compagna, che Egli si era eletta per sua sposa. Così come giubilano in festa le schiere dei santi, celebrandosi nella loro celeste patri Le Nozze novelle della sposa del Re.

    Ora, poiché èconveniente che una vergine da Dio esaltata in cielo, sia venerata in terra dalla Chiesa universale, e poiché, dopo diligente ed attenta inquisizione e rigoroso esame e premessa una solenne discussione, non ci sono dubbi a riguardo della santità della sua vita e sui suoi miracoli; benché siano ormai assai note anche altrimenti, nelle vicine e lontane regioni, le sue chiare gesta, Noi, di comune consiglio e assenso di tutti i nostri Fratelli e prelati, che si trovano attualmente presso la Sede Apostolica, confidando nell'onnipotenza divina, con l'autorità dei beati Pietro e Paolo Apostoli e Nostra, abbiamo ritenuto di doverla iscrivere nel catalogo delle sante vergini.

  25. Pertanto, avvertiamo voi tutti ed espressamente vi esortiamo, ingiungendovelo tramite queste lettere apostoliche, di celebrare con ogni devozione e solennità la festa di questa vergine, il 12 di agosto , e di farla celebrare con la medesima devozione dai vostri fedeli, onde possiate meritare di averla presso Dio per vostra buona e sollecita protettrice.

    E affinché la moltitudine del popolo cristiano accorra al suo venerabile sepolcro con più ardore e in maggior numero, e la sua festa sia celebrata con maggiore concorso di popolo, Noi, per la misericordia di Dio onnipotente e confidando nell'autorità dei beati Pietro e Paolo Apostoli, accordiamo annualmente l'indulgenza di un anno e quaranta giorni a tutti coloro che, veramente contriti e confessati, si recheranno con devozione ed umiltà al sepolcro di questa vergine, nel giorno della sua festa o anche entro l'ottava, per chiedere la sua protezione.

    Dato ad Anagni, il 26 settembre, nell'anno primo del nostro pontificato.

 Torna su

HOME

CLARISSE ASSISI

 

TESTAMENTO DI SANTA CHIARA : Nel nome del Signore. Amen.   

Fra gli altri benefici, che dal nostro largitore Padre delle misericordie abbiamo ricevuto e ogni giorno riceviamo e per cui dobbiamo maggiormente ringraziare il glorioso Padre del Cristo, c'è la nostra vocazione, la quale quanto più perfetta e grande, tanto più gli dobbiamo. Donde l'Apostolo: Riconosci la tua vocazione. Il Figlio di Dio si è fatto per noi via, che con la parola e l'esempio ci ha mostrato e insegnato il nostro beatissimo Padre Francesco, vero suo amatore e imitatore.

Dobbiamo dunque considerare, sorelle dilette, gl'immensi benefici di Dio in noi accumulati, ma tra gli altri, quelli che per mezzo del suo servo diletto, il padre nostro beato Francesco, Dio si è degnato di operare in noi, non solo dopo la nostra conversione, ma anche mentre eravamo nella misera vanità del mondo. Infatti, quando lo stesso santo non aveva ancora né fratelli né compagni, quasi subito dopo la sua conversione, mentre edificava la chiesa di San Damiano, dove totalmente visitato dalla consolazione divina, fu spinto ad abbandonare del tutto il mondo, per grande letizia e illuminazione dello Spirito Santo profetò riguardo a noi, ciò che poi il Signore adempì.

Salendo infatti in quel tempo sopra il muro di detta chiesa, ad alcuni poveri, che sostavano là vicino, ad alta voce diceva in lingua francese: Venite e aiutatemi nell'opera del monastero di San Damiano, perché vi saranno ivi delle donne, con la vita famosa e la santa conversazione delle quali il nostro Padre celeste sarà glorificato in tutta la sua Chiesa.

In ciò dunque possiamo considerare la copiosa benignità di Dio in noi, che per la sua abbondante misericordia e carità si è degnato di dire queste cose per mezzo del suo santo, riguardo alla nostra vocazione ed elezione. E non soltanto riguardo a noi il nostro beatissimo padre Francesco profetò queste cose, ma anche riguardo alle altre, che sarebbero venute nella vocazione santa, nella quale il Signore ci ha chiamate.

Con quanta sollecitudine, dunque, con quando zelo di mente e di corpo dobbiamo osservare i comandamenti di Dio e del nostro Padre, per poter restituire, con l'aiuto di Dio, moltiplicato il talento! Il Signore stesso, infatti, ci ha poste come forma in esempio e specchio non solo per gli altri, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore chiamerà, affinché anch'esse siano di specchio e d'esempio a coloro che vivono nel mondo. Poiché dunque il Signore ci ha chiamate a cose tanto grandi, cosicché coloro che sono date come specchio ed esempio agli altri, possano rispecchiarsi in noi, siamo molto tenute a benedire e a lodare Dio e a corroborarci ancor di più per fare il bene nel Signore. Perciò, se vivremo secondo la forma predetta, lasceremo agli altri un nobile esempio e acquisteremo il premio della beatitudine eterna con una fatica brevissima.

Dopo che l'altissimo Padre celeste si fu degnato, per sua misericordia e per sua grazia, d'illuminare il mio cuore, perché secondo l'esempio e la dottrina del beatissimo padre nostro Francesco facessi penitenza, poco dopo la sua conversione, insieme con poche sorelle che il Signore mi aveva dato poco dopo la conversione mia, promisi a lui volontariamente obbedienza, come il Signore ci aveva conferito il lume della sua grazia per mezzo della sua vita mirabile e della sua mirabile dottrina. Il beato Francesco poi, considerando che, pur essendo fragili e deboli secondo il corpo, tuttavia non ricusavamo nessuna necessità, nessuna povertà, nessuna fatica, nessuna tribolazione o deprezzamento e disprezzo del mondo, ché anzi li consideravamo come grandi delizie, come frequentemente egli ci aveva esaminate secondo gli esempi dei santi e dei suoi frati, si rallegrò molto nel Signore; e mosso a pietà verso di noi, si obbligò con noi di avere da se stesso e per mezzo della sua religione, cura diligente e sollecitudine speciale per noi come per i suoi frati.

E così, per volontà di Dio e del nostro beatissimo padre Francesco, andammo alla chiesa di San Damiano per dimorarvi, dove il Signore in breve tempo, per sua misericordia e grazia ci moltiplicò, perché si adempisse ciò che il Signore aveva predetto per mezzo del suo santo. Infatti, prima, ci eravamo trattenute in altro luogo, benché per poco.

Poi scrisse per noi una forma di vita e massimamente perché perseverassimo sempre nella santa povertà. Né si accontentò, durante la sua vita, di esortarci con molti sermoni ed esempi all'amore della santissima povertà e alla sua osservanza, ma ci trasmise molti scritti, affinché dopo la sua morte non ci scostassimo per nulla da essa, come il Figlio di Dio, mentre visse nel mondo, non volle mai allontanarsi dalla medesima santa povertà. E il beatissimo padre nostro Francesco, avendo imitato le sue vestigia, la sua santa povertà, che scelse per sé e per i suoi frati, finché visse, non si scostò affatto da essa, con il suo esempio e la sua dottrina.

Io, dunque, Chiara, ancella, benché indegna, del Cristo e delle sorelle povere del monastero di San Damiano, e pianticella del santo padre, considerando con le mie altre sorelle la nostra così alta professione e il comando di un tale padre, e anche la fragilità delle altre, che noi temevamo in noi stesse dopo il trapasso del nostro santo padre Francesco, che era la nostra colonna, la nostra unica consolazione dopo Dio e il nostro appoggio, ancora e ancora ci siamo volontariamente obbligate alla nostra santissima madonna povertà, cosicché dopo la mia morte le sorelle, che sono e che verranno, non possano in alcun modo scostarsi da essa.

E come io fui sempre zelante e sollecita nell'osservare e nel fare osservare dalle altre la santa povertà che abbiamo promesso al Signore e al nostro padre il beato Francesco, così quelle che mi succederanno nell'ufficio siano tenute sino alla fine a osservare con l'aiuto di Dio e a far osservare la santa povertà. Anzi, per maggiore precauzione, fui sollecita a far corroborare la nostra professione della santissima povertà, che abbiamo promessa al Signore e al nostro beatissimo padre, con dei privilegi del signor papa Innocenzo, al tempo del quale noi cominciammo, e dei suoi successori, affinché in nessun momento ci scostiamo in alcun modo da essa.

Perciò, piegate le ginocchia e inclinato l'uno e l'altro uomo, raccomando tutte le mie sorelle che sono e che verranno, alla santa madre Chiesa Romana, al sommo pontefice e in particolare al signor cardinale che è stato deputato alla religione dei Frati Minori e a noi,

affinché per amore di quel Dio,che povero fu posato nel presepe,povero visse nel mondo e nudo rimase sul patibolo,

faccia che sempre il suo piccolo gregge, che il Signor Padre ha generato nella sua santa Chiesa per mezzo della parola e dell'esempio del nostro beatissimo padre san Francesco per seguire la povertà e l'umiltà del suo Figlio diletto e della gloriosa Vergine, sua madre. osservi la santa povertà che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre san Francesco, e che si degni sempre di incoraggiarle e conservarle.

E come il Signore ci diede il nostro beatissimo padre Francesco come fondatore, piantatore e nostro aiuto nel servizio del Cristo e in ciò che abbiamo promesso al Signore e al nostro beato padre, il quale pure, mentre visse, fu sollecito con la parola e l'opera a coltivare accuratamente e favorire sempre noi, pianticella sua, così io raccomando e lascio le mie sorelle, che sono e che verranno, al successore del beatissimo padre nostro Francesco e a tutta la religione, affinché ci siano sempre di aiuto nel progredire in meglio per servire Dio e soprattutto per osservare meglio la santissima povertà.

Se poi accadesse che in qualche tempo le dette sorelle lasciassero il detto luogo e si trasferissero in un altro siano tenute, dopo la mia morte, dovunque siano, a osservare la predetta forma di povertà, che abbiamo promesso a Dio e al nostro beatissimo padre Francesco.

Tuttavia, colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, come pure le altre, sia sollecita e previdente, affinché riguardo al luogo suddetto, non acquistino o non ricevano di terra, se non tanto quanto lo esige l'estrema necessità per un orto da coltivare a ortaggi. E se da qualche parte per l'onestà e il ritiro del monastero, occorresse aver più terra fuori della cinta dell'orto, non permettano che sia acquistata e nemmeno che ne ricevano di più di quanto non lo esiga l'estrema necessità. E quella terra non venga affatto lavorata, né seminata, ma rimanga sempre come sodaglia incolta.

Ammonisco ed esorto nel Signore Gesù Cristo tutte le mie sorelle, che sono e che verranno, perché attendano con ardore a imitare la via della santa semplicità, umiltà, povertà e anche l'onestà della santa conversazione, come fin dall'inizio della nostra conversione siamo state ammaestrate accuratamente dal Cristo e dal nostro beatissimo padre il beato Francesco. Dalle quali sparse l'odore della buona fama, tanto a quelli che sono lontani quanto a quelli che sono vicini, lo stesso Padre delle misericordie non per i nostri meriti, ma per la sola misericordia e grazia di largitore. E amandovi le une le altre della carità del Cristo, dimostrate fuori per mezzo delle opere, l'amore che avete dentro, cosicché, provocate da tale esempio, le sorelle crescano sempre nell'amore di Dio e nella mutua carità.

Prego anche colei che sarà nell'ufficio delle sorelle, perché attenda con ardore a precedere le altre piuttosto nelle virtù e nei santi costumi che nell'ufficio, in tal maniera che le sue sorelle, provocate dal suo esempio, non obbediscano tanto per l'ufficio quanto per amore. Sia anche previdente e discreta riguardo alle sue sorelle, come una buona madre verso le sue figlie, e specialmente si adoperi con zelo a provvedere loro secondo la necessità di ciascuna, con le elemosine che il Signore darà. Sia anche tanto benigna e affabile, che possano manifestare le loro necessità con sicurezza e ricorrere a lei in ogni ora con confidenza, come sembrerà loro espendiente, tanto per sé che per le loro sorelle.

Le sorelle poi che sono suddite si ricordino di avere rinnegato, per Dio, le proprie volontà. Perciò voglio che obbediscano alla loro madre, di loro spontanea volontà, come hanno promesso al Signore, cosicché la loro madre, vedendo la carità, l'umiltà, e l'unità che hanno reciprocamente, porti più lievemente l'onere che per causa dell'ufficio sopporta, e per la loro santa conversazione, ciò che è molesto e amaro le si muti in dolcezza.

E perché stretti sono la via e il sentiero, e angusta la porta per la quale si va e si entra nella vita, pochi sono anche coloro che camminano e entrano per essa. E se ci sono alcuni che per qualche tempo vi camminano, pochissimi sono quelli che in essa perseverano. Ma sono beati coloro ai quali è dato di camminare per essa e perseverare fino alla fine.

Badiamo dunque che, se siamo entrate nella via del Signore, che per colpa nostra e ignoranza, non abbiamo da scostarcene in nessuna maniera in nessun tempo, affinché non abbiamo da recare ingiuria a tanto Signore e alla sua Vergine madre e al padre nostro beato Francesco, alla Chiesa trionfante e anche militante. E' scritto infatti: Maledetti coloro che si scostano dai tuoi comandamenti.

Perciò piego le mie ginocchia al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, affinché, con l'appoggio dei meriti della gloriosa Vergine santa Maria madre sua e del nostro beatissimo padre Francesco e di tutti i santi, il Signore stesso, che ha dato un buon principio, dia la crescita e dia anche la perseveranza finale.

Amen.


Questo scritto, perché meglio debba essere osservato, lo lascio a voi, carissime e dilette sorelle mie, presenti e venture, in segno della benedizione del Signore e del beatissimo padre nostro Francesco e della benedizione mia, vostra madre e ancella.

  torna su

Clarisse Assisi

REGOLA DI SANTA CHIARA

1 Innocenzo vescovo , servo dei servi di Dio. 2 Alle dilette figlie in Cristo Chiara abbadessa e alle altre sorelle del monastero di San Damiano d'Assisi, salute e apostolica benedizione.

La Sede Apostolica suole acconsentire ai pii voti e benevolmente favorire gli onesti desideri di coloro che chiedono. 4 Ora, da parte vostra ci è stato umilmente richiesto che ci prendessimo cura di confermare con la nostra autorità apostolica 5 la forma di vita, secondo la quale dovete vivere comunitariamente in unità di spiriti e con voto di altissima povertà 6 che vi fu data dal beato Francesco e fu da voi spontaneamente accettata, 7 quella che il venerabile nostro fratello vescovo di Ostia e Velletri ritenne bene che fosse approvata, come è ampiamente contenuto nella lettera scritta a proposito dallo stesso vescovo.

Noi pertanto, ben disposti ad accogliere la vostra supplica, ratificando di buon grado quanto sopra ciò è stato fatto dal medesimo vescovo, lo confermiamo col potere apostolico e l'avvaloriamo con l'autorità del presente scritto, 9 nel quale facciamo inserire parola per parola il testo della stessa lettera, che e questo:10 Rinaldo, per misericordia di Dio vescovo di Ostia e Velletri, alla sua carissima in Cristo madre e figlia Donna Chiara abbadessa di San Damiano in Assisi, 11 e alle sorelle di lei, presenti e future, salute e paterna benedizione.

12 Poiché voi, figlie dilette in Cristo, avete disprezzato le vanità e i piaceri del mondo 13 e seguendo le orme dello stesso Cristo e della sua santissima Madre, avete scelto di abitare rinchiuse e di dedicarvi al Signore in povertà somma per potere con animo libero servire a Lui, 14 noi, encomiando nel Signore il vostro santo proposito, di buon grado vogliamo con affetto paterno accordare benevolo favore ai vostri voti e ai vostri santi desideri.

5 Per questo, accondiscen-dendo alle vostre pie suppliche, con l'autorità del signor Papa e nostra, confermiamo in perpetuo per voi tutte e per quelle che vi succederanno nel vostro monastero e con l'appoggio della presente lettera avvaloriamo la forma di vita e il modo di santa unità e di altissima povertà, che il beato padre vostro Francesco vi consegnò a voce e in scritto da osservare e che è qui riprodotta. 17 Ed è questa: 

I.

1 La Forma di vita dell'Ordine delle Sorelle Povere, istituita dal beato Francesco, è questa:

2 Osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità.

3 Chiara indegna serva di Cristo e pianticella del beatissimo padre Francesco, promette obbedienza e riverenza al signor papa Innocenzo e ai suoi successori, canonicamente eletti e alla Chiesa Romana,

4 E, come al principio della sua conversione, insieme alle sue sorelle, promise obbedienza al beato Francesco, cosi promette di mantenerla inviolabilmente ai suoi successori.

5  Le altre sorelle siano tenute ad obbedire sempre ai successori del beato Francesco e a sorella Chiara e alle altre abbadesse, che le succederanno mediante elezione canonica. 

II.

1 Quando qualcuna, per divina ispirazione, verrà a noi con la determinazione di abbracciare questa vita, l'abbadessa sia tenuta a chiedere il consenso di tutte le sorelle 2 e se la maggioranza acconsentirà, la possa accettare, dopo aver ottenuto licenza dal signor cardinale nostro protettore.

3 Se le sembrerà idonea ad essere accettata, la esamini con diligenza, o la faccia esaminare intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della Chiesa.

4  E se crede tutte queste cose, ed è risoluta a confessarle fedelmente e ad osservarle con fermezza sino alla fine; 5 e non ha marito, o se l'ha, ha già abbracciato la vita religiosa con l'autorità del vescovo diocesano ed ha già fatto voto di continenza; 6 e se, inoltre non è impedita dall'osservare questa vita da età avanzata o da qualche infermità o deficienza mentale, 7 le si esponga diligentemente il tenore della nostra vita.

8  E se sarà idonea, le si dica la parola del santo Vangelo: che vada e venda tutte le sue sostanze e procuri di distribuirle ai poveri. 9 Se ciò non potesse fare, basta ad essa la buona volontà.

10  Si guardino però l'abbadessa e le sue sorelle dal preoccuparsi per le cose temporali di lei, affinché ne disponga liberamente, come le verrà ispirato dal Signore. 11 Se tuttavia domandasse consiglio, la indirizzino a persone prudenti e timorate di Dio, col consiglio delle quali vengano distribuiti i suoi beni.

12 Poi, tosati i capelli in tondo e deposto labito secolare, le conceda tre tonache e il mantello. 13 Da quel momento non le è più lecito uscire fuori di monastero, senza un utile, ragionevole, manifesto e approvato motivo.

14  Finito poi l'anno della prova, sia ricevuta all'obbedienza, promettendo dosservare sempre la vita e la forma della nostra povertà.

15  Non si conceda a nessuna il velo durante il tempo della prova. 16 Le sorelle possono avere anche le mantellette per comodità e convenienza del servizio e del lavoro. 17 L'abbadessa poi le provveda di vestimenti con discrezione, secondo la qualità delle persone, i luoghi e i tempi e i paesi freddi, conforme vedrà essere richiesto dalla necessità.

18 Le giovanette, accolte in monastero prima della legittima età, siano tosate in tondo 19 e, deposto l'abito secolare, indossino un abito da religiosa, come parrà all'abbadessa. 20 Raggiunta poi letà legittima, vestite alla maniera delle altre, facciano la loro professione.

21 Ad esse, come alle altre novizie, l'abbadessa assegni con sollecitudine una maestra tra le più assennate del monastero, 22 la quale le istruisca con cura intorno al modo di vivere santamente da religiose e alle oneste costumanze secondo la forma della nostra professione. 23 Le medesime norme si osservino nell'esame e nell'accettazione delle sorelle che presteranno il loro servizio fuori del monastero; esse però potranno usare calzature.

24 Non si ammetta nessuna a dimorare con noi in monastero se non sia stata ricevuta secondo la forma della nostra professione.

25 E per amore del santissimo Bambino, ravvolto in poveri pannicelli e adagiato nel presepio, e della sua santissima Madre, ammonisco, prego caldamente ed esorto le mie sorelle a vestire sempre indumenti vili. 

III.

1 Le sorelle che sanno leggere celebrino l'ufficio divino secondo la consuetudine dei frati minori, e perciò potranno avere i breviari, leggendo senza canto. 2 Se qualcuna, per un motivo ragionevole, a volte non potesse recitare leggendo le sue Ore, le sia lecito dire i Pater noster, come le altre sorelle.

3 Quelle invece che non sanno leggere, dicano ventiquattro Pater noster per il Mattutino, cinque per le Lodi per prima, terza, sesta e nona, per ciascuna di queste Ore, sette; per il Vespro dodici; per Compieta sette. 5 Inoltre dicano ancora per i defunti sette Pater noster con il Requiem per il Vespro e dodici per il Mattutino, 6 quando le sorelle che sanno leggere sono tenute a recitare l'Ufficio dei morti. 7 Alla morte poi di una sorella del nostro monastero, dicano cinquanta Pater noster.

8 Le Sorelle digiunino in ogni tempo. 9 Ma nel Natale del Signore, in qualunque giorno cada, possano rifocillarsi due volte. 10 Con le giovanette, le deboli e le sorelle che servono fuori del monastero, si dispensi misericordiosamente, come parrà all'abbadessa. 11 Ma in tempo di manifesta necessità, le sorelle non siano tenute al digiuno corporale.

12 Si confessino almeno dodici volte l'anno, con licenza dell'abbadessa. 13 E devono guardarsi allora dal frammischiare altri discorsi che non facciano al caso della confessione e della salute dell'anima.

14 Si comunichino sette volte l'anno, cioè: nel Natale del Signore, nel Giovedì santo, nella Resurrezione del Signore, nella Pentecoste, nell'Assunzione della beata Vergine, nella festa di san Francesco e nella festa d'Ognissanti.

15 Per comunicare le sorelle, sia sane che inferme, è lecito al cappellano celebrare all'interno.

 IV.

1 Nella elezione dell'abbadessa le sorelle siano tenute ad osservare la forma canonica.

2 Esse si procurino con sollecitudine di avere il ministro generale o provinciale dell'Ordine dei frati minori, 3 il quale mediante la parola di Dio le disponga alla perfetta concordia e alla utilità comune nelle elezioni da farsi.

4 E non si elegga se non una professa. 5 E se fosse eletta una non professa o venisse data in altro modo non le si presti obbedienza se prima non avrà fatta la professione della forma della nostra povertà. 6 Alla sua morte, si faccia l'elezione di un'altra abbadessa.

7 E se talora sembrasse alla generalità delle sorelle che la predetta non fosse idonea al servizio e alla comune utilità di esse, 8 le dette sorelle siano tenute ad eleggerne, quanto prima possono e nel modo sopraddetto, un'altra per loro abbadessa e madre.

9 L'eletta poi consideri qual carico ha accettato sopra di sé e a Chi deve rendere conto del gregge affidatole. 10 Si studi anche di presiedere alle altre più per virtù e santità di vita che per ufficio, affinché le sorelle, provocate dal suo esempio, le obbediscano più per amore che per timore.

11 Si guardi dalle amicizie particolari, affinché non avvenga che, amando alcune più delle altre, rechi scandalo a tutte

12 Consoli le afflitte. Sia ancora l'ultimo rifugio delle tribolate perché, se mancassero presso di lei i rimedi di salute, non abbia a prevalere nelle inferme il morbo della disperazione.

13 Conservi la vita comune in tutto, ma specialmente in chiesa, in dormitorio, in refettorio, nell'infermeria e nelle vesti. 14 E ciò è tenuta a fare allo stesso modo anche la sua vicaria.

 15 L'abbadessa sia tenuta a convocare a Capitolo le sue sorelle almeno una volta la settimana. 16 Ivi, tanto lei quanto le sorelle debbano accusarsi umilmente delle comuni e pubbliche mancanze e negligenze. 17 Ivi ancora discuta con le sue sorelle circa le cose da fare per l'utilità e il bene del monastero. 18 Spesso infatti il Signore manifesta ciò che è meglio al più piccolo.

 19 Non si contragga alcun debito grave, se non di comune consenso delle sorelle e per manifesta necessità, e questo per mezzo del procuratore. 20 Si guardi poi l'abbadessa con le sue sorelle dal ricevere alcun deposito in monastero, 21 poiché da ciò nascono spesso disturbi e scandali.

22 Allo scopo di conservare l'unità della scambievole carità e della pace, tutte le responsabili degli uffici del monastero vengano elette di comune consenso di tutte le sorelle. 23 E nello stesso modo si eleggano almeno otto sorelle delle più assennate, del consiglio delle quali l'abbadessa è obbligata a servirsi in ciò che è richiesto dalla forma della nostra vita.

24 Se qualche volta sembrasse utile e conveniente, le sorelle possano anche e debbano rimuovere le responsabili e le discrete ed eleggerne altre al loro posto.

 V.

1 Le sorelle osservino il silenzio dall'ora di compieta fino a terza, eccettuate le sorelle che prestano servizio fuori del monastero. 2 Osservino ancora silenzio continuo in chiesa, in dormitorio e in refettorio soltanto quando mangiano. 3 Si eccettua l'infermeria, dove, per sollievo e servizio delle ammalate, sarà sempre permesso alle sorelle di parlare con moderazione. 4 Possano tuttavia, sempre e ovunque, comunicare quanto è necessario, ma con brevità e sottovoce.

5 Non sia lecito alle sorelle accedere al parlatorio o alla grata, senza licenza dell'abbadessa o della sua vicaria; 6 e quelle che ne hanno licenza, non ardiscano parlare nel parlatorio, se non alla presenza e ascoltate da due sorelle.

7 Non presumano poi di recarsi alla grata, se non siano presenti, assegnate dall'abbadessa o dalla vicaria, almeno tre di quelle otto discrete che furono elette da tutte le sorelle come Consiglio dell'abbadessa. 8 Questa forma nel parlare siano tenute ad osservarla per conto proprio anche l'abbadessa e la sua vicaria. 9 E quanto si è detto per la grata avvenga molto di rado; alla porta poi non si faccia in nessun modo. 10 A detta grata sia applicata dalla parte interna un panno, che non sia tolto se non quando si predica la divina parola o alcuna parli a qualcuno. 11 Abbia inoltre una porta di legno, ben difesa da due differenti serrature in ferro, da imposte e chiavistelli, 12 affinché, specialmente di notte, sia chiusa con due chiavi, una delle quali la tenga l'abbadessa e l'altra la sacrestana; 13 e rimanga sempre chiusa, fuorché quando si ascolta il divino ufficio e per i motivi sopra esposti. 14 Non è lecito assolutamente a nessuna parlare ad alcuno alla grata prima della levata del sole o dopo il tramonto.

15 Al parlatorio poi, vi sia sempre, dalla parte interna, un panno che non deve essere rimosso per nessun motivo. 16 Durante la quaresima di san Martino e la quaresima maggiore nessuna parli al parlatorio, 17 se non al sacerdote per motivo di confessione o di altra manifesta necessità. Ciò è riservato alla prudenza dell'abbadessa o della sua vicaria.

 VI.

1 Dopo che l'Altissimo Padre celeste si degnò illuminare l'anima mia mediante la sua grazia perché, seguendo l'esempio e gli insegnamenti del beatissimo padre nostro Francesco, io facessi penitenza, poco tempo dopo la conversione  di lui, liberamente, insieme con le mie sorelle, gli promisi obbedienza.

2 Il beato padre, poi, considerando che noi non temevamo nessuna povertà, fatica, tribolazione, umiliazione e disprezzo del mondo, che anzi l'avevamo in conto di grande delizia, mosso da paterno affetto, scrisse per noi la forma di vita in questo modo: 3 Poiché per divina ispirazione vi siete fatte figlie e ancelle dell'Altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo, 4 voglio e prometto da parte mia e dei miei frati, di avere sempre di voi, come di loro, attenta cura e sollecitudine speciale.

5 Ciò che egli con tutta fedeltà ha adempiuto finché visse, e volle che dai frati fosse sempre adempito.

6 E affinché non ci allontanas-simo mai dalla santissima povertà che abbracciammo, e neppure quelle che sarebbero venute dopo di noi, poco prima della sua morte di nuovo scrisse per noi la sua ultima volontà con queste parole: 7 Io frate Francesco piccolino, voglio seguire la vita e la povertà dell'Altissimo Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre, e perseverare in essa sino alla fine. 8 E prego voi, mie signore e vi consiglio che viviate sempre in questa santissima vita e povertà. 9 E guardatevi molto bene dall'allontanarvi mai da essa in nessuna maniera per l'insegnamento o il consiglio di alcuno.

10 E come io, insieme con le mie sorelle, sono stata sempre sollecita di mantenere la santa povertà che abbiamo promesso al Signore Iddio e al beato Francesco, 11 così le abbadesse che mi succederanno nell'ufficio e tutte le sorelle siano tenute ad osservarla inviolabilmente fino alla fine: 12 a non accettare, cioè, né avere possedimenti o proprietà né da sé, né per mezzo di interposta persona, 13 e neppure cosa alcuna che possa con ragione essere chiamata proprietà, 14 se non quel tanto di terra richiesto dalla necessità, per la convenienza e l'isolamento del monastero; 15 ma quella terra sia coltivata solo a orto per il loro sostentamento.

 VII.

1 Le sorelle alle quali il Signore ha dato la grazia di lavorare, lavorino, dopo l'ora di terza, applicandosi a lavori decorosi e di comune utilità, con fedeltà e devozione, 2 in modo tale che, bandito l'ozio, nemico dell'anima, non estinguano lo spirito della santa orazione e devozione, al quale tutte le altre cose temporali devono servire.

3 E l'abbadessa o la sua vicaria sia tenuta ad assegnare in capitolo, davanti a tutte, il lavoro che ciascuna dovrà svolgere con le proprie mani. 4 Ci si comporti allo stesso modo quando qualche persona mandasse delle elemosine, affinché si preghi in comune per lei.

5 E tutte queste cose vengano distribuite dall'abbadessa o dalla sua vicaria col consiglio delle discrete a comune utilità.

 VIII.

1 Le sorelle non si approprino di nulla, né della casa, né del luogo, né d'alcuna cosa, 2 e come pellegrine e forestiere in questo mondo, servendo al Signore in povertà e umiltà con fiducia mandino per la elemosina. 3 E non devono vergognarsi, poiché il Signore si fece per noi povero in questo mondo. 4 E questo quel vertice dell'altissima povertà, che ha costituto voi, sorelle mie carissime, eredi e regine del regno dei cieli, vi ha reso povere di sostanze, ma ricche di Virtù. 5 Questa sia la vostra parte di eredità, che introduce nella terra dei viventi. 6 Aderendo totalmente ad essa, non vogliate mai, sorelle dilettissime, avere altro sotto il cielo, per amore del Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre.

7 Non sia lecito ad alcuna sorella mandare lettere, o ricevere o dare cosa alcuna fuori del monastero, senza licenza dell'abbadessa. 8 Né sia lecito tenere cosa alcuna che non sia stata data o permessa dall'abbadessa. 9 Che se le venga mandato qualche cosa dai parenti o da altri, l'abbadessa gliela faccia consegnare. 10 La sorella poi, se ne ha bisogno, la possa usare; se no, né faccia parte caritatevolmente alla sorella che ne ha bisogno. 11 Se poi le fosse stato mandato del denaro, l'abbadessa, con consiglio delle discrete, le faccia procurare ciò di cui ha bisogno.

12 Riguardo alle sorelle ammalate, l'abbadessa sia fermamente tenuta, da sé e per mezzo delle altre sorelle, a informarsi con sollecitudine di quanto richiede la loro infermità, sia quanto a consigli, sia quanto ai cibi ed alle altre necessità, 13 e a provvedere con carità e misericordia, secondo la possibilità del luogo. 14 Poiché tutte sono tenute a provvedere e a servire le loro sorelle ammalate, come vorrebbero essere servite esse stesse nel caso che incorressero in qualche infermità.

15 L'una manifesti all'altra con confidenza la sua necessità. 16 E se una madre ama e nutre la sua figlia carnale, con quanta maggiore cura deve una sorella amare e nutrire la sua sorella spirituale!

17 Quelle che sono inferme, potranno usare pagliericci e avere guanciali di piuma sotto il capo; 18 e quelle che hanno bisogno di calze e di materasso di lana, ne possano usare. 19 Le suddette inferme, poi, quando vengono visitate da quelli che entrano nel monastero, possano, ciascuna per proprio conto, rispondere brevemente con qualche buona parola a chi rivolge loro la parola.

20 Le altre sorelle, invece, che pur ne hanno licenza, non ardiscano parlare a quelli che entrano nel monastero, se non alla presenza e ascoltate da due discrete, designate dall'abbadessa o dalla sua vicaria. 21 Questa forma nel parlare siano tenute ad osservarla anche l'abbadessa e la sua vicaria.

 IX.

1 Se qualche sorella, per istigazione del nemico, avrà peccato mortalmente contro la forma della nostra professione e, ammonita due o tre volte dall'abbadessa o da altre sorelle, 2 non si sarà emendata, mangi per terra pane e acqua in refettorio, alla presenza di tutte le sorelle, tanti giorni quanti sarà stata contumace, 3 e, se l'abbadessa lo riterrà necessario, sia sottoposta a pena anche più grave. 4 Frattanto, finché rimarrà ostinata, si preghi affinché il Signore disponga il suo cuore a penitenza.

 5 Tuttavia, l'abbadessa e le sue sorelle si guardino dallo adirarsi e turbarsi per il peccato di alcuna, 6 perché lira e il turbamento impediscono la carità in se stesse e nelle altre.

7 Se accadesse, il che non sia, che fra una sorella e l'altra sorgesse talvolta, a motivo di parole o di segni, occasione di turbamento e di scandalo, 8 quella che fu causa di turbamento, subito, prima di offrire davanti a Dio l'offerta della sua orazione, non soltanto si getti umilmente ai piedi dell'altra domandando perdono, 9 ma anche con semplicità la preghi di intercedere per lei presso il Signore perché la perdoni. 10 L'altra poi, memore di quella parola del Signore: Se non perdonerete di cuore, nemmeno il Padre vostro celeste perdonerà voi, 11 perdoni generosa-mente alla sua sorella ogni offesa fattale.

12 Le sorelle che prestano servizio fuori del monastero, non rimangano a lungo fuori, se non lo richieda una causa di manifesta necessità. 13 E devono andare per la via con onestà e parlare poco, affinché possano essere sempre motivo di edificazione per quanti le vedono. 14 E si guardino fermamente dall'avere rapporti o incontri sospetti con alcuno. 15 Né facciano da madrine a uomini e a donne, affinché per queste occasioni non nasca mormorazione o turbamento.

16 Non ardiscano riportare in monastero le chiacchiere del mondo. 17 E di quanto si dice o si fa dentro siano tenute a non riferire fuori dal monastero nulla che possa provocare scandalo. 18 Se capitasse a qualcuna di mancare in queste due cose, per semplicità, spetta alla prudenza dell'abbadessa imporle con misericordia la penitenza. 19 Se invece lo facesse per cattiva consuetudine, l'abbadessa, secondo la qualità della colpa, col consiglio delle discrete imponga una penitenza.

 X.

1 L'abbadessa ammonisca e visiti le sorelle e le corregga con umiltà e carità, non comandando loro cosa alcuna che sia contro la sua anima e la forma della nostra professione.

2 Le sorelle suddite, poi, ricordino che hanno rinunciato alla propria volontà per amore di Dio. 3 Quindi siano fermamente tenute a obbedire alle loro abbadesse in tutte le cose che hanno promesso al Signore di osservare e che non sono contrarie all'anima e alla nostra professione.

4 L'abbadessa poi, usi verso di loro tale familiarità che possano parlarle e trattare con lei come usano le padrone con la propria serva, 5 poiché così deve essere, che l'abbadessa sia la serva di tutte le sorelle.

6 Ammonisco poi, ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino le sorelle da ogni superbia, vanagloria, invidia, avarizia, cura e sollecitudine di questo mondo, dalla detrazione e mormorazione, dalla discordia e divisione.

7 Siano invece sollecite di conservare sempre reciprocamente l'unità della scambievole carità, che è il vincolo della perfezione.

8 E quelle che non sanno di lettere, non si curino di apprenderle, 9 ma attendano a ciò che soprattutto debbono desiderare: avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, 10 a pregarlo sempre con cuore puro e ad avere umiltà, pazienza nella tribulazione e nella infermità, 11 e ad amare quelli che ci perseguitano, riprendono e accusano, 12 perché dice il Signore: Beati quelli che soffrono persecuzione a causa della giustizia, poiché di essi è il regno dei cieli. 13 Chi persevererà fino alla fine, questi sarà salvo.

 XI.

1 La portinaia sia matura come condotta e prudente, e sia di età conveniente. Di giorno rimanga ivi in una cella aperta, senza uscio. 2 Le si assegni anche una compagna idonea, la quale, la quale quando ci sarà bisogno, faccia in tutto le sue veci.

3 La porta sia ben difesa da due differenti serrature in ferro, da imposte e chiavistelli, 4 affinché, specialmente di notte, sia chiusa con due chiavi, una delle quali la tenga la portinaia, l'altra l'abbadessa. 5 E di giorno non si lasci mai senza custodia e sia stabilmente chiusa a chiave. 6 Badino poi, con ogni diligenza e procurino che la porta non rimanga mai aperta, se non il minimo possibile secondo la convenienza. 7 E non si apra affatto a chiunque voglia entrare, ma solo a coloro cui sia stato concesso dal sommo pontefice o dal nostro signor cardinale.

8 E non permettano che alcuno entri in monastero prima della levata del sole, né vi rimanga dopo il tramonto, se non l'esiga una causa manifesta, ragionevole e inevitabile. 9 Qualora per la benedizione dell'abbadessa, o per la consacrazione a monaca di qualche sorella, o per qualche altro motivo, venga concesso a qualche vescovo di celebrare la messa nell'interno del monastero, si accontenti del minor numero possibile di compagni e ministri che siano di buona fama.

10 Quando poi fosse necessario introdurre nel monastero qualcuno per compiervi dei lavori, l'abbadessa con sollecitudine ponga alla porta una persona adatta, 11 che apra solo agli adetti ai lavori e non a altri. 12 Tutte le sorelle si guardino, allora, con somma diligenza, che non siano vedute da coloro che entrano. 

XII.

1 Il nostro visitatore sia sempre dell'Ordine dei frati minori, secondo la volontà e il mandato del nostro cardinale. 2 E sia tale che ne conosca bene l'integrità della vita. 3 Sarà suo compito correggere, tanto nel capo che nelle membra, le mancanze commesse contro la forma della nostra professione. 4 Egli stando in luogo pubblico, donde possa essere veduto dalle altre, potrà parlare a molte o a ciascuna in particolare, secondo riterrà più conveniente, di ciò che spetta all'ufficio della visita.

5 Chiediamo anche in grazia, allo stesso Ordine, un cappellano con un compagno chierico, di buona fama, discreto e prudente, e due frati laici, amanti del vivere santo e onesto, 6 in aiuto alla nostra povertà, come abbiamo avuto sempre misericordiosa-mente dal predetto Ordine dei frati minori; 7 e questo per amore di Dio e del beato Francesco.

8 Al cappellano non sia lecito entrare in monastero senza il compagno. 9 Ed entrando, stiano in luogo pubblico, così che possano vedersi l'un l'altro ed essere veduti dagli altri. 10 È loro lecito entrare per la confessione delle inferme che non potessero recarsi in parlatorio, per comunicare le medesime, per l'Unzione degli infermi, per la raccomandazione dell'anima. 11 Per le esequie poi, e le messe solenni dei defunti, o per scavare o aprire la sepoltura, o anche per rassettarla, possono entrare persone idonee a sufficienza, secondo il prudente giudizio dell'abbadessa.

12 Inoltre le sorelle siano fermamente tenute a avere sempre come governatore, protettore e correttore, quel cardinale ella santa Chiesa romana che sarà stato assegnato ai frati minori dal signor Papa.

13 affinché suddite sempre e soggette ai piedi della stessa santa Chiesa, salde nella fede cattolica, osserviamo in perpetuo la povertà e l'umiltà el Signore nostro Gesù Cristo e ella santissima Madre, e il santo Vangelo, come abbiamo fermamente promesso. Amen.

14 Dato a Perugia, il 16 settembre, l'anno decimo del pontificato del signor Papa Innocenzo IV.

15 Pertanto a nessuno sia lecito invalidare questa scrittura della nostra conferma od opporvisi temerariamente. 16 Se qualcuno poi presumerà di attentarlo, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio onnipotente e dei suoi beati apostoli Pietro e Paolo.

Dato in Assisi, il 9 agosto, l'anno undicesimo del nostro pontificato.

 

torna su

Clarisse Assisi