“Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo…. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace”; così scrive Agostino Aurelio nelle “Confessioni”. Figlio di un modesto possidente pagano, Patrizio, e di madre cristiana, Monica, Agostino nasce nel 354 d.C. a Tagaste, piccola cittadina della provincia romana della Numidia. Studia a Madaura dove si dedica alla retorica, e a Cartagine, dove, non ancora ventenne dalla relazione con una concubina ha un figlio, Adeodato,. Professore di eloquenza a Tagaste e a Cartagine, indirizzato alla filosofia dalla lettura dell’Hortensius di Cicerone, segue la setta del Manicheismo che si basava sulla teoria dei due principi opposti di bene e di male e dellla spiegazione scientifica dell’universo. Trasferitosi a Roma, insegna retorica e scetticismo. Dal prefetto Simmaco ottiene la nomina di professore a Milano, dove è accolto dal Vescovo Ambrogio. Qui inizia una nuova vita insieme alla sua donna ed alla madre. Per due anni segue le prediche di Ambrogio ed ha una crisi spirituale. La vita di Agostino è una continua ricerca della verità e una continua lotta contro l'errore: è inquieto e insoddisfatto delle verità comode e consolanti. La lettura di San Paolo gli fa conoscere l’amore di Gesù. Lascia la cattedra e si ritira a scrivere i Dialoghi. Torna a Milano, è battezzato la notte di Pasqua del 387 dallo stesso Ambrogio e nel 391 ad Ippona, per acclamazione popolare, è ordinato sacerdote dal vescovo Valerio che dopo qualche anno lo consacra Vescovo, nominandolo suo successore. Svolge un'intensa attività pastorale e di studio fino alla morte; predica, tiene discussioni pubbliche, scrive moltissimo e polemizza contro manichei, donatisti e pelagiani. A questo periodo risalgono le sue opere più importanti: tra il 399 e il 419 scrive "La Trinità", opera dogmatico-teologica; tra il 396 e il 427 "La città di Dio", in cui convergono considerazioni e temi a carattere storico, filosofico e teologico, "La dottrina cristiana" e "I commenti a Giovanni". "Le Confessioni", scritte nel 397, sono il suo capolavoro letterario. Con quest'opera Agostino apre all’introspezione autobiografica che avrà grande fortuna nella letteratura occidentale. In essa ricapitola la sua complessa vita spirituale formulando importanti considerazioni filosofiche e teologiche. Sublime la sua teoria nella relazione fra tempo, eternità e creazione. Nel 429 si ammala mentre Ippona è assediata è dai Vandali che portavano morte e distruzione; Agostino morirà il 28 agosto del 430 a 76 anni. La formazione culturale di Agostino è influenzata da Platone, Aristotele e Cicerone. Per Agostino la cultura classica da motivo alla conoscenza umana; è il punto di partenza per giungere alla conoscenza di Dio. Sintetizza il pensiero dei Padri della Chiesa che l'hanno preceduto e l’assimila con la cultura greca e romana. Nelle scuole dell’impero è un bravo maestro di grammatica e retorica e sostiene l’importanza nell'educazione delle arti liberali (grammatica, retorica e logica) e delle discipline matematiche (aritmetica, geometria, musica, astronomia). E’ consapevole che i Cristiani possano imparare dai Classici. Nelle Confessioni ricorda come la lettura di Cicerone lo conduce allo studio della filosofia e alla ricerca della saggezza che lo spinge allo studio delle Sacre Scritture. Per lui un cristiano deve estrarre molto dalla Scrittura; analizza il concetto di trinità e fonda la sua dottrina su due punti : ”illuminazione divina e interiorità di ogni persona”. Parte dal rapporto tra ragione e fede, tra ricerca filosofica e rivelazione divina. La fede secondo Agostino aiuta nella ricerca. Per capire è indispensabile credere; la fede è simile alla luce che indica il cammino e per avere una fede salda è indispensabile comprendere e filosofare. Per Agostino la ragione alimenta la fede, la rafforza, la chiarifica; la fede da equilibrio. Agostino concepisce la sua vita e la sua opera come una continua ricerca della verità e di Dio. Cercare Dio significa cercare e conoscere l’anima, giacché Dio è presente nella nostra più profonda interiorità. Si può cercare l’anima solo se si pensa e se ci si ripiega su se stessi, se ci si confessa. Ripiegarsi su di sé, confessarsi è il primo gradino per arrivare alla verità che può essere scoperta solo se si guarda dentro di noi. Bisogna raggiungere il più intimo nucleo dell’io per trovare la verità e Dio. La verità è Dio e finché l’uomo non l’ha trovata, non sarà mai felice. L’uomo, alla ricerca della verità, arriva a Dio che illumina l’uomo, rendendo possibile la conoscenza. Non si può rimanere per sempre nel dubbio. Il dubbio stesso ci porta sulla strada della verità, che è la luce che guida e richiama l’anima alla sincerità e all’umiltà della confessione. La verità è il criterio di cui la ragione si serve per giudicare le cose; la verità è la rivelazione di ciò che è, dell’essere. Questo essere non è altro che Dio stesso che si rivela all’uomo e gli fa scoprire quale è la verità. Agostino si ispira a Platone e ammette una speciale "Illuminazione" dell'Intelligenza da parte di Dio, che produce nella nostra mente le idee. Questa illuminazione è una luce che l'anima riceve da Dio e, mediante questa luce, si comunica all'uomo la verità. Illuminazione divina è un'assistenza continua da parte dell'anima dell'uomo, è un atto di Grazia, di amore, col quale Dio calma l'inquietudine umana. “Dio maestro interiore che partecipa alla Verità ed acquista lo Spirito di chi sa ascoltarlo”. La possibilità di cercare Dio e di amarlo è radicata nella stessa natura umana. L'uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio e tende naturalmente verso di Lui, ma può anche allontanarsi consapevolmente da Dio peccando. Ogni uomo deve scegliere: o vivere secondo la carne, cioè lontano da Dio, nella menzogna e nel peccato, o vivere secondo lo spirito, cioè secondo Dio, nella felicità e nella verità. Il peccato è la rinuncia a ciò che è somma felicità e verità per preferire la creatura o le cose create, che possono rendere schiavo l’uomo. Non vi è male maggiore del peccato, anzi il peccato è l’unico e vero male. Tutto ciò che è, per il fatto stesso di esistere, è bene: nessuna cosa creata è male; diventa male se ci si attacca ad essa come se fosse Dio e si rinuncia, per essa, a Dio. Se l’essere è bene, il male sarà allora non–essere, mancanza e privazione di essere e di bene. La volontà è libera quando non è schiava del vizio e del peccato ed è questa libertà che può essere restituita all’uomo solo dalla Grazia divina. È solo la Grazia che rende l’uomo autenticamente libero. Senza Dio, l’uomo si allontana dalla verità e dall’amore ed è destinato a peccare.
L'uomo ha la possibilità di
scegliere fra vie diverse e solo la grazia di Dio spinge gli uomini a scegliere
e perseguire il bene che senza grazia non può essere raggiunto. La vera libertà
non è realizzabile dall’uomo con le sue forze, ma è invece un dono che Dio ci
manda attraverso la grazia. Il manicheismo considerava il male come un principio
contrapposto al bene. Per superare questo dualismo, Agostino identifica Dio col
sommo bene ipotizza l’esistenza di un principio del male in opposizione a Dio e
sia l’ipotesi del male come creazione di Dio. Agostino
interpreta il male come una mancanza, una lontananza da Dio. Il male è
necessario quanto il bene: un mondo con solo il bene sarebbe un mondo non reale
e non ci sarebbe libertà. Bene e male sono correlati poiché il male è la
mancanza di bene, è una colpa umana che deriva dalla paura e dal rifiuto di
Dio.
Per rappresentare la Trinità, Agostino ricorre all’analogia con l’anima
dell’uomo. Quest’ultima è composta, pur nella sua unità, di tre facoltà
distinte: la memoria (consente
all’anima di riconoscersi sempre la stessa nel tempo e di stabilire la propria
identità), l’intelligenza (consente
all’anima di avere notizie di sé) e la volontà (produce
nell’anima l’amore di se stessa). La stessa cosa avviene in Dio: alla triplice
facoltà dell’anima corrisponde la Trinità delle persone, Padre, Figlio e Spirito
Santo. L'uomo è uno e, nello stesso tempo, trino, in quanto esiste (esse:
Padre); conosce (nosse: Figlio), ama (velle: Spirito Santo).
Alla domanda su che cosa faceva Dio prima di creare il cielo e la terra,
Agostino risponde osservando che Dio
è eterno ed è il creatore non solo di ciò che è nel tempo, ma del tempo stesso.
Prima della creazione il tempo non c’era: non vi era un prima e un dopo e non ha
senso domandarsi che cosa facesse allora Dio. Dio è al di là del tempo e la
creazione non è avvenuta nel tempo, in quanto questo prima della creazione non
esisteva. Se si analizzano i tre
momenti del tempo (passato, presente e futuro) ci si accorge che il
passato è ciò che “non” è più, il futuro è ciò che “non” è ancora e il presente
è ciò che “non” è né breve né lungo, ma è un brevissimo attimo che fugge e che
non si può raggiungere. Ma benché possa sembrare che il tempo non sia nulla, noi
lo sentiamo presente in noi, nella nostra mente, e ciò accade perché il tempo,
pur non essendo una realtà in sé, diventa tale nell’anima e nella memoria degli
uomini. E’ l’anima che si crea questa realtà: il
tempo è una "distensio animae".
Nella storia dell’umanità vi è una lotta
perenne tra due città o regni: la città di Dio e la città di Satana.
Queste due città non sono mai nettamente distinguibili durante la storia umana:
nessun periodo storico e nessuna istituzione sono dominanti esclusivamente
dall’una o dall’altra città. Esse sono mescolate fino alla fine dei tempi,
quando, con la
resurrezione dei morti ed il giudizio finale, sarà chiaro a quale città abbiamo
aderito, se a quella celeste o a quella di Satana. Nel presente l’uomo
può cercare di intuirlo solo se interroga se stesso con sincerità ed invoca
l’aiuto dello Spirito. L’attività di scrittore di Agostino si sviluppa in gran
parte sul fronte della polemica contro le eresie. Prima c'è stata la lotta
contro i manichei (De libero arbitrio, De magistro, De vera religione, De
utilitate credendi, Contra Faustum), centrata sul tema della Verità. Il
pensiero manicheo si basava sull’esaltazione del Dio del bene e sul disprezzo
della vita terrena, non accettava le Sacre Scritture del vecchio
testamento, credeva in forze oscure, nella natura e in altri miti. Agostino
afferma che la Verità risiede nell'animo dell'uomo; il bene è l'unica realtà
davvero esistente, mentre il male è, all'opposto, l'assenza di essere. La
novità di Agostino consiste nel riprendere questi temi di origine platonica e
neoplatonica alla luce della concezione cristiana. La vita interiore e
intellettuale è resa possibile dalla luce divina che è dentro noi ed è la fonte
della.
Il Donatismo, movimento fondato da Donato di Case Nere, sosteneva che la
Chiesa è una comunità di perfetti, che non devono avere contatti con le autorità
civili. Le autorità religiose che tollerano o ammettono tali contatti,
perdono la capacità di amministrare i sacramenti, i fedeli devono considerarli
come traditori e rinnovare gli eventuali sacramenti ricevuti da esse. Attraverso
una serie di e interventi ai concili di Cartagine del 403 e 411, Agostino ha
affermato la validità
dei sacramenti, indipendentemente dalla persona che li amministrava ed ha
ribadito i diritti della Chiesa di Roma, poiché è Cristo che opera attraverso il
sacerdote. Agostino solo Dio può salvarci; tutto dipende da Lui: è Dio che per
primo ci ha amati e ha dato se stesso per noi. Combatte contro Pelagio che
sosteneva che l’uomo
è, sia prima che dopo il peccato originale, capace di operare il bene senza
l’aiuto della Grazia senza la redenzione operata da Cristo. Agostino
replica tutti abbiamo bisogno della Grazia divina per salvarci. Agostino
ha sottolineato la necessità della Grazia divina per la salvazione: la
natura umana, di per sé corrotta, merita la dannazione e solo la misericordia
divina in Cristo può restaurarla. L’uomo non ha meriti propri da rivendicare nei
confronti di Dio, poiché gli stessi meriti non sono altro che doni provenienti
da Dio. “Tardi ti ho amato, bellezza tanto
antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io
ero fuori e là ti cercavo…. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai
toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace”; così scrive
Agostino Aurelio nelle “Confessioni”, A
casa di un amico Ponticiano, questi gli aveva parlato della vita casta dei
monaci e di s. Antonio abate, dandogli anche il libro delle Lettere di S. Paolo;
ritornato a casa sua, Agostino disorientato si appartò nel giardino, dando sfogo
ad un pianto angosciato e mentre piangeva, avvertì una voce che gli diceva
”Tolle, lege, tolle, lege” (prendi e leggi), per cui aprì a caso il libro delle
Lettere di S. Paolo e lesse un brano: “Comportiamoci onestamente, come in pieno
giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze,
non in contese e gelosie. Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la
carne nei suoi desideri” (Rom. 13, 13-14). La
sua dottrina e teologia è così vasta che pur volendo solo accennarla,
occorrerebbe il doppio dello spazio concesso a questa scheda, per forza
sintetica; il suo pensiero per millenni ormai è oggetto di studio per la
formazione cristiana, le tante sue opere, dalle “Confessioni” fino alla “Città
di Dio”, gli hanno meritato il titolo di Dottore della Chiesa.
Nel 429 si ammalò gravemente, mentre Ippona era
assediata da tre mesi dai Vandali comandati da Genserico († 477), dopo che
avevano portato morte e distruzione dovunque; il santo vescovo ebbe
l’impressione della prossima fine del mondo; morì il 28 agosto del 430 a 76
anni.
Il suo corpo
sottratto ai Vandali durante l’incendio e distruzione di Ippona, venne
trasportato poi a Cagliari dal vescovo Fulgenzio di Ruspe, verso il 508-517 ca.,
insieme alle reliquie di altri vescovi africani.
Verso il 725 il suo corpo fu di nuovo traslato a
Pavia, nella Chiesa di S. Pietro in Ciel d’Oro, non lontano dai luoghi della sua
conversione, ad opera del pio re longobardo Liutprando († 744), che l’aveva
riscattato dai saraceni della Sardegna.