L'Osservatore Romano - 10 maggio 2008, p. 5

 

 

Francesco, Innocenzo III e la curia romana:  il viaggio del 1209

 

Signor Papa, hai tempo di ascoltarmi?

 

Il 9 e il 10 maggio si è svolto a Greccio, presso l'Oasi Gesù Bambino, il convegno "Francesco a Roma dal signor Papa" organizzato dal Centro Culturale Aracoeli nell'VIII centenario dell'approvazione della Regola.

Pubblichiamo stralci della relazione intitolata "Innocenzo III e la curia romana nel 1209".

 

di Werner Maleczek
Università di Vienna, Pontificio Comitato di Scienze Storiche

 

 

 

L'incontro tra Innocenzo III e Francesco d'Assisi si può ricostruire non solo con l'ausilio dei Fontes franciscani agiografici, ma anche con l'aiuto delle fonti curiali. Che cosa mosse Papa Innocenzo III e la curia romana in quell'anno, che si può far estendere dal novembre 1208 - ritorno dal lungo viaggio a S. Germano/Cassino e nella parte meridionale del Patrimonio di San Pietro - fino all'ottobre 1209, ossia fino all'incoronazione di Ottone IV in San Pietro? Siccome le Gesta Innocentii, la biografia del Papa redatta da un curiale ignoto, furono concluse praticamente con il 1206 presentando solo una piccola aggiunta relativa al viaggio nel Regnum Siciliae nell'estate 1208, siamo costretti a ricorrere quasi esclusivamente alle lettere del Papa per conoscere le sue preoccupazioni nel 1208/09, tanto più che altre fonti storiografiche offrono solo scarse notizie.

La raccolta delle lettere di Innocenzo III, unica per la sua ampiezza e la sua estensione geografica e tematica all'inizio del XIII secolo, ha, nonostante l'incomparabile quantità di notizie in esse contenute, un difetto:  la maggioranza delle lettere formulate presso la curia con grande cura e perfetta arte stilistica, sono la reazione a richieste esterne presentate al Papa e ai suoi collaboratori. Di queste, la parte principale è costituita dalle lettere di giustizia che si rapportano alla giurisdizione pontificia. Le litterae de curia - così vennero chiamate più tardi - come espressione immediata di un'iniziativa papale e di un progetto di politica ecclesiastica o temporale, rappresentano la minoranza. Le lettere - i registri ne conservano forse un terzo della totalità - danno quindi un'informazione solo limitata sugli obiettivi del Papa e della curia e richiedono un'analisi accurata. In ogni caso, la curia brulicava continuamente di richiedenti, che - in parte venuti da molto lontano - animavano una burocrazia curiale in espansione. È inutile aggiungere che buone relazioni, denaro, conoscenza degli interna curiali e abilità nell'ottenere informazioni giocavano un ruolo fondamentale. In base allo studio di questi documenti possiamo dedurre che dall'autunno 1208 all'autunno 1209, l'interesse della curia romana era concentrato su un argomento politico, e cioè sul rapporto con il re di Germania Ottone IV, il cui desiderio dell'incoronazione imperiale era controbilanciato da una serie di garanzie in Italia centrale e nel Regno di Sicilia.

Il tema religioso principale era la lotta contro l'eresia nella Francia meridionale, che sboccò nella crociata albigese. Di fronte a ciò, altri campi della politica papale si spostavano in secondo piano, in parte perché si erano risolti secondo le intenzioni di Innocenzo III. Il dominio a Roma e nel Patrimonio di San Pietro era, come già esposto più sopra, in buona parte assicurato; la tutela sul giovane Federico II e la reggenza nel Regno di Sicilia erano state concluse con il viaggio a San Germano/Cassino nell'estate 1208. Il rapporto con il re di Francia si era lievemente disteso con la svolta nella questione matrimoniale. Sull'Inghilterra pesava l'interdetto dal marzo 1208, a causa dell'elezione di Stefano Langton come arcivescovo di Canterbury, che il re Giovanni Senzaterra non voleva accettare, ma le linee di comunicazione restavano intatte, e il re rinunciò a lungo a misure repressive contro la Chiesa.

La minaccia di scomunica all'inizio del 1209 sembrò annunciare un inasprimento, ma le cose rimasero in sospeso per lungo tempo, finché nel novembre 1209 Langton con l'approvazione del Papa pronunciò l'anatema, con il quale iniziò un aspro e annoso conflitto. Il rapporto con  Aragona  era,  dall'incoronazione  di  Pietro II a Roma nel novembre 1204, particolarmente cordiale, poiché Innocenzo III gli concedeva una particolare protezione, e questo favoriva la libertà delle nomine episcopali in Aragona. Il coinvolgimento del re di Aragona nella crociata albigese non era ancora attuale. Anche i rapporti con l'Europa dell'Est, con la Polonia e l'Ungheria non davano problemi, soprattutto da quando l'arcivescovo di Gniezno, Enrico Kietlicz, uno zelante difensore della riforma della Chiesa in Polonia che era ancora interamente in mano dei Piasti e della nobiltà polacca, si era rifugiato a Roma alla fine del 1206 a causa del suo conflitto con il principe della Grande Polonia e vi aveva ottenuto una serie di privilegi vantaggiosi. La IV crociata si era da tempo conclusa senza gloria, e senza portare nulla alla Terra Santa, al contrario! Molti abitanti del Regno di Gerusalemme e dei domini latini ancora esistenti nel Levante si erano recati nell'Impero latino di Costantinopoli, per tentare lì la loro fortuna. Soprattutto dopo la grave crisi della sconfitta contro i bulgari nel 1205 si delineò negli anni seguenti una certa stabilizzazione dell’Impero di Romania sotto l'imperatore Enrico.

I legami tra la curia e Costantinopoli erano in questo tempo particolarmente esili. Un indizio di una "politica estera" abbastanza tranquilla è certamente il fatto che negli anni 1208/09 non erano molti i legati che percorrevano i Paesi della cristianità latina. Si è già accennato al viaggio di Ugolino di Ostia e di Leone di S. Croce in Germania (da gennaio a settembre 1209) in relazione all'incoronazione imperiale di Ottone IV. A parte questi, si trovano dei legati in Ungheria, in Francia, nel Regno di Sicilia. Si è già parlato delle legazioni durante la crociata albigese in Linguadoca. Che cosa risulta dalla situazione della curia negli anni 1208 e 1209 fin qui presentata? Sia espressa cautamente una ipotesi:  la relativa tranquillità nella maggioranza degli ambiti della politica ecclesiastica e una giurisprudenza curiale, ben funzionante dopo dieci anni di pontificato, permisero a Innocenzo III e ai suoi collaboratori di prestare maggiore attenzione ai compiti strettamente religiosi, di agire maggiormente per l'unità della fede - con una scelta drastica per la violenza nella lotta contro l'eresia della Francia meridionale - e di accogliere gli impulsi di nuove forme di prassi religiosa conciliandole con il diritto canonico.

Lo si comprende bene per esempio nella riconciliazione del gruppo valdese di Durando di Huesca nel corso del 1208. Esso fece una professione della propria ortodossia presso la curia e ottenne il riconoscimento della propria forma di vita valdese e il nome Pauperes catholici. Già nel propositum presentato e approvato si parla dell'impegno della catechesi, ma la praedicatio è chiaramente sottoposta al controllo del Papa e dei prelati ed è orientata contro gli eretici. Non tocca quindi la consueta catechesi della Chiesa tradizionale. E nella riconciliazione del 1208 lo stato giuridico della comunità laicale fu modificato a favore di un adeguamento alla vita religiosa tradizionale. Il propositum contiene dichiarazioni sui consigli evangelici, sulla liturgia delle ore, sulla virginitas e sul digiuno, sul religiosum et modestum habitum e sull'obbedienza nei confronti dei vescovi locali, come appunto nelle regole tradizionali.

Rivolgendosi a Durando nel luglio 1209 il Papa pose nuovamente l'accento sul compito della predicazione contro gli eretici, ma legò ancora più saldamente i Pauperes catholici alla gerarchia, sottoponendo anche le loro assemblee al controllo dei vescovi.

Francesco trovò quindi nella primavera del 1209 un Papa e una curia con una sensibilità maggiore per richieste evangeliche radicali, perché - in un periodo di relativa tranquillità politica e di condizioni più stabili a Roma e nel Patrimonio di San Pietro - questioni di fede e di autentica vita secondo il Vangelo avevano maggiore possibilità di trovare una risposta positiva presso l'autorità ecclesiastica suprema.

 

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